Sarà il tempo, caldo, umido e velato che ci confonde e un pò ci stona. Aria pesante e grigia sebbene sia agosto, ‘il mese più freddo dell’anno’, dicevano i Perturbazione (e anche i Pelican colgono qualcosa se ad un brano danno nome di ‘Autumn into Summer’). Metti che poi una sera, all’interno di una bella fortezza in un piccolo comune tra Venezia, Treviso e Padova conosciuto soltanto dagli appassionati di moto perché ci sono gli stabilimenti dell’Aprilia, suonino i Non Voglio Che Clara! E allora, se non proprio tutto, ma forse molto, torna. Perché sembra che i NVCC vadano a cantare proprio di storie adatte a certi stati d’animo che anche il tempo suggerisce. Sinestesie a parte, la prima cosa che colpisce chi vede per la prima volta questi bellunesi e non ha mai cercato notizie biografiche su di loro, ma ha letteralmente consumato i loro dischi, è proprio la loro immagine, poiché ti aspetti vissuti chansonnier di jazzata eleganza. Pensi che per scrivere canzoni così ci vogliono più di 35 anni. E invece niente di tutto questo. Giovani. Una maglietta nera con logo Ac/Dc di Fabio Del Min, troppo magro e sbilenco nell’alternarsi al piano elettrico e alla chitarra, ma con la grazia di un fenicottero. Sarà la passione che trasuda dalla voce e dal corpo che si dimena dolce e che si strugge sui tasti senza far troppo rumore, caratteristica che si riscontra anche in altri esponenti di una presunta ‘scena’ veneta che non fa ‘pop da cameretta’ e non è lo-fi, ma ha imparato lo stesso a non urlare perché non c’è bisogno di urlare per fare belle canzoni. Pop d’autore allora, perché riescono a recuperare quella dimensione dei grandi autori italiani, i soliti di sempre che non occorre citare ogni volta, quelli conosciuti meglio dalle nostre madri che da noi. E forse non occorre citare neanche più il ‘pop’, ma serve a prendere le distanze da un’attitudine retrò che almeno nelle forme qui non c’è. Si parla di scena perché se ci son tre gruppi e due etichette in una ristretta area geografica, tanto basta, in Italia, ad eccitare le fantasie dei pennaroli ‘indie’ che sembrano non considerare che una ‘scena’ è tale se gode di un discreto seguito che invece ai tanti eventi, festival e concerti che si tengono in regione non si palesa mai. Tornando ai nostri, stasera non ci sono quegli arrangiamenti raffinati del disco, e ciò nonostante, il risultato è esattamente lo stesso, anzi, meglio, perché ciò va a confermare la bontà delle canzoni, della scrittura di note e di parole, e non solo di suono.
L’immaginario sentimentale dei NVCC sta esattamente a metà tra una suggestione letteraria ed un quotidiano lacerante, emotivamente romantico. Alcuni passaggi riproposti con chitarra acustica al posto del piano, lasciano intravedere una malinconia quasi latina, ma sarà sempre colpa del tempo probabilmente. Comunque un gruppo da seguire ed amare. E anche se non c’è Siria a cantare “Sottile”, viene cantata lo stesso, perché un buon autore può. E se anche ‘L’Oriundo’ non viene cantata da Del Min, ma affidata ad Alberto Muffato degli ArteMoltoBuffa che hanno aperto la serata, viene cantata lo stesso, perché una buona canzone può. Tutto il resto è da cercare lì, tra le loro righe e i fatti vostri, anche guardando indolenti da una finestra, in apparente mancanza di moti interiori, e anche se avete meno di 30 anni ed ascoltate solo Pelican e post-hardcore , perche con i NVCC si può.
Autore: A.Giulio Magliulo
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