Per una super-band è sufficiente un biennio per rilasciare un debut-album interessante e credibile, soprattutto se nella matrice sonora si scorgono inserti ricercati e poco dozzinali. Nell’ideazione di “L’alba sul mio nome” ha senz’altro contribuito la varietà derivativa di alcune menti pulsanti della scena underground, che annovera: il cultore di sonorità orientali Andrea Ferigo
(Sitarvala), il singer (di Faccia Scura e The Last Drop of Blood) Carlo Cappiotti, che firma tutta la tracklist, Damiano Minegk ed Anna Guglielmini ed altre guests non trascurabili come Diego Besozzi dei Karma ed un altro paio di elementi dei succitati The Last Drop, Francesco Cappiotti e Claudia Or Die. Ebbene nelle 10 portate dell’opera s’impastano ingredienti di grunge, infarinate etno-folk e velature di alt-rock e noise. Al nastro di partenza c’è proprio “L’alba sul mio nome” che prontamente scalda le corde vocali e di chitarra, pur mantenendo un incedere pigro ma incernierando, con mestiere, compatti tessuti rock e la presenza di spicco di Sasha Torrisi (Timoria, Rezophonics) fortifica la coesione scritturale.
In…”Origine“, l’alba si tinge di colori etno-grunge ma il fervore che fomenta latente non tarda a deflagrare con la potenza d’ugola del bravissimo Carlo Cappiotti, mentre con “Ego” si respira intenso odore di Seattle con ruggiti severi, benchè un paio di volte si sosti anche su corte banchine semi-prog, un po’ come la luminosa “Incantesimo” che, se ascoltata a pieni watts, si da ragione al titolo. Graffi oriental-rock tingono l’apparato di “Senza faccia“, tra sussurri e grida, tra spiazzamenti ritmici e conturbante
spoken-word. Grazie all’apporto di Andrea “Sitarvala” le pennellate etno sono incastonate magistralmente da un conclamato sperimentatore come lui, portando notevoli impreziosimenti a tutta la cifra stilistica della band. Inutile opporre “Resistenza” a questo disco: il vortice d’energia che permea nelle trame, rapisce con prepotenza e/o simbiosi onirica, in cui la compattezza visionaria del combo è vistoso fiore all’occhiello. E sul “Terzo Millennio” ruota la tematica centrale dell’album, in un immaginifico mondo parallelo che si cela sul capo di un ricercatore della verità, disorientato dal crollo della socialità, sperperata
nel vanto e nel Dio-quattrino. In quest’atto, l’atterrita voce filtrata è incubo sottopelle e la percussività esecutiva è saetta perforante. Invece, “Tunnel” è la rasoiata spoken-word, efferata ed urticante, avvolta in asfittico rock e svela quanto siano duttili le formulazioni dei Dharma 108. La strumental-closing-track “Spacecraft sarod” effigia il talentuoso uso del sarod di Andrea Ferigo, nell’estraniante pizzicare fluttuante ed evocativo della migliore tradizione indiana dell’Hindustan. Per certi versi,”L’alba sul mio nome” esula dai clichè di genere, con una proposta dal sapore insolito che, per coglierne le sfumature concettuali ed assemblative, occorre scrutarne i dettagli con maggior vigilanza ed intenzionalità percettiva. Solo cosi, la ricerca della verità e della bellezza nella musica sarà completata. Diversamente, trattasi di clamorosa occasione persa.
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autore: Max Casali