Novemila persone sono venute a salutare a Mantova la seconda venuta (dopo Firenze Rocks) dei Placebo in Italia (bisseranno a ottobre a Milano) per il loro tour del recentissimo album nuovo, Never Let Me Go.
L’occasione per i fan italiani è di quelle ghiotte: i Placebo non suonavano in Italia dal tour celebrativo dei 20 anni di attività, al Forum di Assago nel 2016, complice anche il Covid che aveva ritardato sia l’uscita del nuovo disco (risaliva infatti a ben 9 anni prima il disco precedente, Loud Like Love) sia il live stesso, per ben due anni, dato che l’edizione originaria di questo concerto, sempre per il festival rock di Mantova, era pensata per il 14 luglio 2020.
Ma tant’è: in questa infuocata estate italiana (non solo per il caldo ma anche per gli appuntamenti live) si incrociano nuovi tour (quello degli Stones, ad esempio, o dei Flaming Lips o dei The National) con quelli rimandati causa Covid (Placebo, appunto, ma anche Pearl Jam a Imola o Sting a Parma). Ed il pubblico non può che essere felice.
I Placebo non vedevano l’ora di mettere in scena il nuovo disco: il più bello e completo fra gli ultimi pubblicati, e loro lo sanno, per cui lo show è strutturato intorno ai pezzi di Never Let Me Go.
Potente e acido: così potremmo definirlo, complessivamente, nei suoi aspetti positivi. Non c’è spazio per le ballad, o per le canzoni più malinconiche che pure tanto successo hanno portato ai Placebo: non suoneranno pertanto Bright Lights, o Special Needs, o Song to Say Goodbye, o anche i pezzi più dolci del nuovo disco, come Chemtrails o Prodigal.
Potente e acido, dunque, ma anche troppo breve e a volte didascalico. Complice anche il suono rimbombante e distorcente della piazza Sordello, (una cornice stupenda, esteticamente, ma forse non molto funzionale per l’acustica), nell’esecuzione di alcuni pezzi proprio la potenza delle due chitarre e basso non fa distinguere gli strumenti e a volte si perdono riff importanti, (come in Bionic) che “definiscono” il sound Placebo. E le versioni sono sempre “tirate”, potenti ma anche troppo brevi e senza interludi o modificazioni.
Si comincia con Forever Chemicals, inizio quasi scontato tratto dal nuovo disco, per il suo essere perfetta canzone d’apertura. E poi subito Beautiful James, un pezzo destinato a essere un classico prossimamente, anche vista la risposta del pubblico. Si torna al disco precedente per Scene of a Crime, e poi Hugz, altra canzone breve intensa e acida, tanto da essere quasi la gemella della precedente del nuovo disco. I Placebo suonano già al massimo volume e alla massima distorsione, come questa versione “cattiva” del loro sound richiede. Il momento di pausa sonora arriva con Happy Birthday in the Sky, che comunque nella sua parte strumentale fa esplodere la band sul palco, per l’occasione composta da una tastiera su cui si alternano Steven Osdal e Bill Lloyd, un’altra chitarra con Nick Gavrilovic, un violino elettrico per Angela Chan e la batteria di Matthew Lunn.
Arriva una dedica a Pier Paolo Pasolini: è Bionic, pezzo superlativo del primo disco, ricoperto e tempestato di suoni distorti, poi si prosegue col nuovo disco con Surrounded By Spies, il secondo singolo, anche questo esplosivo nel finale. A confermare il taglio potente e acido segue una versione totalmente cambiata di One of A Kind, piccola chicca del disco Meds, qui completamente cambiata nel suono e nella esecuzione vocale, e poi ancora si procede col nuovo disco: è Brian in persona a introdurre Sad White Reggae rivolgendosi al pubblico e dicendo che il loro rock è anche da ballare pertanto “noi ora suoniamo rock e voi ballate!”: ed effettivamente la brevissima Sad White Reggae è tutta da ballare, ed il pubblico coglie l’invito e segue il ritmo anche con le mani costantemente. Così come anche nella parte di sola batteria di Try Better Next Time, terzo singolo del disco e unica canzone “dolce” di questa serata: nella pausa sonora, mentre Brian sta cantando che faremmo meglio a tornare anfibi facendoci crescere le pinne, il pubblico picchia sulle mani e batte il ritmo, divertendosi un sacco.
Due note di piano bastano per far esplodere i fan all’accenno di Too Many Friends, che sarà una delle più cantate. Infine, il nuovo disco conclude la sua finestra con Went Missing, un lento da studio che qui diventa veloce e accattivante, duro e elettrico come le altre esecuzioni.
Nella parte finale del concerto (eh già, siamo appena a 12 canzoni ma ci si avvia già alla fine, anche se il pubblico non lo sa ovviamente) trovano spazio i classici, o almeno così dovrebbe essere: ecco allora For What It’s Worth, da Battle for the Sun, e Slave to the Wage e l’immancabile Special K da Black Market Music. Altrettanto immancabile è Bitter End, introdotta da una chitarra elettrica di Steven, che si prende tutto il palco in prima persona per lanciare l’inconfondibile riff iniziale, (unica traccia presente stasera da Sleeping with the Ghosts), e si finisce con Infra-red, sempre da Meds, prima del bis.
Allo stato attuale del concerto, mancano ancora alcune hits: Bright Lights, Special Needs, Song to Say Goodbye, come detto, o anche 36 degrees o Teenage Angst, se pensiamo al primo disco. Per non parlare di quello che alla fine sarà il grande assente della serata, il secondo disco dei Placebo, Without You, che li ha fatti conoscere in tutto il mondo con Every Me and Every You, Pure Morning e Without You I’m Nothing.
Un fan puro sa che purtroppo i Placebo non faranno più Pure Morning (qualche anno fa Brian aveva già detto che la avrebbe esclusa da ogni scaletta), ma le altre due erano una presenza piuttosto costante nei tour italiani.
Essendo arrivati a 17 canzoni, e ad appena un’ora e mezzo di concerto, il tempo c’era tutto: invece, alle 23 precise (chissà che non avessero limitazioni imposte dal Comune o dai residenti per la location), i Placebo concedono un unico bis con un’unica canzone, questa sì non rimandabile: Running Up That Hill, canzone che è al top delle richieste dei Tik Tok di tutto il mondo grazie a Stranger Things 4, ma che i Placebo fanno in tour da sempre, da quando lanciarono la versione cover dell’hit di Kate Bush agli inizi carriera, stravolgendo il suo pop elettrico in una ballata acida che, stasera, si trasforma alla fine in un punk duro e teso, dove la voce di Brian canta l’ultimo ritornello un tono più sopra, trasformandola totalmente anche rispetto a sue stesse versioni precedenti.
Un momento spettacolare, certo, ma che conclude una serata che rimarrà troppo breve. E con qualche mancanza anche nel tentativo di stabilire feeling con il pubblico: Brian e Steven hanno in passato saputo intrattenere gli spettatori in modo più attivo e coinvolgente, anche se certamente anche stasera hanno saputo tenere il palco non solo suonando ma facendo i direttori d’orchestra dei turnisti ma anche del pubblico italiano, che comunque li ama alla follia (e fa bene) e li seguirà (c’è da scommettere) per la prossima tappa del 27 ottobre ad Assago. Never Let Me Go: anche il pubblico pare aver compreso il messaggio mentre Steven e Brian si concedono qualche minuto in più del solito per applaudire, salutare e ringraziare meritatamente il pubblico di Mantova.
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autore: Francesco Postiglione
foto: Elisa Schiumarini
SCALETTA:
Forever Chemicals
Beautiful James
Scene of a Crime
Hugz
Happy Birthday in the Skt
Bionic
Surrounded by Spies
One of a Kind
Sad White Reggae
Try Better Next Time
Too Many Friends
Went Missing
For what it’s worth
Slave to the wage
Special k
Bitter end
Infra-Red
BIS
Running up that hill