Gli Autopsy, autentiche leggende del death metal americano, nonché pionieri assoluti del genere, sono appena tornati nei negozi con il nuovo e inaspettato album Torniquets, Hacksaw and Graves (edito dalla Peaceville Records), dopo solo un anno da The Headless Ritual. Dopo un’assenza di circa quindici anni dalle scene, gli Autopsy sembrano volersi riprendere il loro posto nel cuore dei metallari di tutto il mondo, con il loro immaginario da film horror e il loro death metal marcio, atmosferico e senza compromessi. Di seguito, la mia chiacchierata con Chris Reifert, batterista, cantante e leader della storica band, sul nuovo album e sul passato, presente e futuro degli Autopsy.
Solo un anno è trascorso dalla pubblicazione di The Headless Ritual. Com’è nato Torniquets, Hacksaw and Graves?
Eh si, il tempo passa in fretta! Ovviamente è nato con noi che suonavamo in sala di registrazione! (ride)
Le canzoni del nuovo album erano già pronte alla pubblicazione di The Headless Ritual?
No, ma avevamo alcune parti che erano in corso di lavorazione, ci siamo impegnati come con qualsiasi altro album, con forza, convinzione e determinazione al 100%.
Il marchio Autopsy è sempre lì, nella musica e nei testi. Come descriveresti Torniquets Hacksaw and Graves?
Direi che se già ti piacciono gli Autopsy, allora il nuovo album ti piacerà un sacco, se invece ci hai odiati in passato, allora lo farai ancora (ride). E se invece non hai mai ascoltato gli Autopsy, questo è un buon album da cui cominciare. E’ Autopsy dall’inizio alla fine, proprio come sempre!
Wes Benscoter, con i suoi disegni, sembra riuscire a cogliere ogni volta la vera essenza della musica degli Autopsy. Insieme a quello di Macabre Eternal questo è un degli artwork più riusciti della vostra storia. Se non altro, sembra che ogni volta che lo si guarda si noti qualche dettaglio che prima non saltava all’occhio. Ci parli di questa collaborazione?
Certo, ha fatto sicuramente un ottimo lavoro! Penso che è venuto fuori con un vero e proprio capolavoro che si adatta perfettamente all’album. Ad ogni modo non gli abbiamo dato chissà quanto da lavorare, solo il titolo. Quello che vedi nell’artwork è completamente frutto della sua fantasia, noi gli abbiamo dato solo qualche piccolo suggerimento. Penso sia grandioso quando l’artwork dell’album rispecchi pienamente quello che è il suo contenuto!
Burial è una delle canzoni più spettrali degli Autopsy, di che parla?
Diciamo che riguarda proprio la sepoltura, più specificamente il momento in cui si viene sepolti! (ride) Non è liricamente complessa e articolata, è più atmosferica che altro. Ho preferito una canzone dall”atmosfera oscura, paurosa e terrificante piuttosto che una particolare storia da raccontare.
Chi ha composto i pezzi? La titletrack è davvero una canzone killer, una delle migliori!
Di solito Eric scrive la musica e io i testi, così come sulla titletrack, e sono d’accordo, questa volta è venuto con qualcosa di terribile, sembra quasi sentire l’oscurità che ti trascina via con sé!
Qual è la tua idea di death metal? Innovazione continua o coerenza ad un discorso sonoro già consolidato? Sembri preferire la seconda alla prima.
Il nostro lavoro è suonare death metal, sta alle altre persone decidere cosa dovrebbe essere e cosa non, cosa suona bene e cosa invece no. Nel nostro caso, gli Autopsy hanno bisogno di avere un certo sound, e non sentiamo la necessità di fare qualcosa di nuovo o seguire la moda. Lo facciamo al meglio delle nostre capacità, e va bene così.
Quando hai cominciato a suonare con gli Autopsy qual erano le tue influenze principali? E qual è stata la tua principale influenza per diventare un musicista?
Quando ho formato gli Autopsy, noi ascoltavamo molta roba metal come gli Slayer, Death, Repulsion, Master, ma anche Black Sabbath, Mahogany, Rush, Alice Cooper, Frank Zappa, Pentagram, Saint Vitus, Terrorizer, Cream, Robin Trower, Witchfinder General, e tanto altro. Non soltanto death metal, quindi, come puoi vedere. Non tutte queste band ci hanno influenzato direttamente, ma comunque puoi farti un’idea di cosa c’era nelle nostre teste marce da teenager!
Riesci a vivere solo con i soldi guadagnati con gli Autopsy?
Se facessimo tanti tour come molte altre band probabilmente si, ma noi non facciamo così. Lo facciamo perché vogliamo farlo, ma non perché dobbiamo pagare le bollette: se fosse un lavoro, dovremmo accettare molti compromessi sulla nostra musica e sui concerti da tenere.
Avete cominciato a suonare venticinque anni fa, ora siete ritornati sulle scene e molti ragazzi giovani iniziano a conoscervi con i vostri ultimi album pur non conoscendo i primi. Cosa ne pensi di questo ”ricambio generazionale”?
Penso sia fantastico! E ti dico che la musica in generale non conosce limiti di alcun tipo di audience, puoi avere 20 anni e amare la musica degli anni ’50, così come averne 50 ed essere un maniaco del death metal! La musica è un qualcosa senza tempo, ed è per tutti quelli che vogliono ascoltarla, questa è una cosa bellissima.
Sono previste date italiane nei vostri programmi per il nuovo tour?
Per ora no, ma stiamo a vedere cosa succede! Per ora mettete nello stereo il nuovo album al massimo del volume possibile!
Vuoi salutare a parole tue i fan italiani?
Grazie mille a tutti i fan italiani che leggono quest’intervista! Ringrazio tutti quelli che ascolteranno e ameranno Tourniquets, Hacksaws and Graves, e grazie per il supporto alla resistenza che viene dall’underground… HELL FUCKING YES!!!
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autore: Nicola Vitale