Francesca Lago è magnetica. E’ in grado di sedurre sia per il suo afflato onirico, sia per la concretezza delle sue trame sonore sempre ben piantate a terra ma allo stesso tempo in grado di volare in alto grazie al preziosissimo contributo dato il violoncellista svizzero Zeno Gabaglio e il chitarrista Max Lotti che hanno contribuito in maniera straordinaria alla realizzazione di questo disco.
Poche artiste hanno il carisma di questa cantautrice in grado di ammaliare e di trasportare l’ascoltatore nei suoi territori grazie alla voce a volte sognante e spesso molto espressiva. La Lago si inoltra in territori pop molto ricchi e non disdegna il noise o la ballata, spesso screziata e mai pura sospesa tra suoni ruvidi e la classicità.
Le dodici tracce di “Siberian dream map” sono state scritte negli ultimi due anni e in queste canzoni l’artista italo-svizzera mette a suo agio l’ascoltatore grazie alla capacità di gestire la sua voce bilanciandola tra momenti intimi ed altri pop, ma mai banali, anzi, sempre accattivanti e ben architettati.
D’altronde il suo passato di musicista punk nel gruppo The Wrongside ogni tanto, seppur non in modo troppo esplicito, emerge. Tuttavia del suo passato va annoverato anche l’esordio discografico, “Mosca bianca” del 1997, nel quale suonò la chitarra Marc Ribot.
Con questo album Francesca Lago ha dimostrato ancora una volta di essere un’artista completa, passando dalla ballata soffusa di “Raised by the aliens”, non distante dai Blonde Redhead ed evocante The Velvet Underground, alla perfezione dell’indie-pop di “Bad dream” e se i sogni fossero tutti così brutti, allora vorrei vivere notte e giorno questo genere di incubi. Vibrante e sofferente appare “Slapstick”, quanto incisiva e ben rockata “Leech”, mentre con “To the wild” dimostra tutta la sua femminilità, dunque il suo essere accogliente, così come è struggente la delicatezza con la quale realizza “Bring the noise”. Quanto a magnetismo e carisma Francesca Lago non ha nulla da invidiare a P. J. Harvey e forse supera di gran lunga la nostrana Cristina Donà.
Autore: Vittorio Lannutti