“‘Delizia della psiche’ come antidoto, come approccio alle cose, del sound iperelettronico del disco e, per certi versi, di un certo tipo di approccio che reclama “stream of conciousness” nella scrittura e quindi nella struttura dei pezzi”. Questa è la descrizione che Meg dà del suo ultimo album, Psychodelice, uscito meno di un mese fa per Multiformis, l’etichetta discografica della stessa Meg.
Come il precedente lavoro anche quest’ultimo unisce il pop all’elettronica. Mentre precedentemente, però, era pop con innesti elettronici, questa volta l’elettronica la fa da padrona, come dice la stessa Meg, “iperelettronico”.
A dire il vero lo si poteva capire anche senza ascoltare le canzoni, ma solo leggendo le collaborazioni all’album. A co-produrlo, infatti, è Stefano Fontana, ovvero il signor Stylophonic, ma assieme a Meg in questo disco hanno collaborato anche il dj Danilo Vigorito e l’immancabile Mario Conte che segue l’ex 99Posse anche live.
Insomma un carnet di collaborazioni importanti, che assieme alla musica e alla voce di Meg confezionano un album veramente interessante.
La musica innanzitutto. Si comincia con Distante, primo singolo estratto dall’album. Un ritmo incredibile con effetti che rimandano ai videogiochi, caratteristica anche del precedente album, e cassa quattro come spiega la stessa Meg nella presentazione delle canzoni.
L’amore è uno degli argomenti che tornano e oltre al singolo è ripreso anche in E’ troppo facile, l’artista napoletana è accompagnata da un’arpa elettronica che dà una dimensione onirica al pezzo.
Una dimensione, quella onirica, che caratterizza anche Succhio luce, uno dei pezzi che lega quest’album al precedente; due parole, a questo punto, su una delle qualità che caratterizzano Maria Di Donna (nome natale della nostra), ovvero la voce. Voce che la caratterizza già dal tempo delle posse, ma che col passare del tempo si è adattata al mutare della sua musica. Un cantato che molti hanno associato nel tempo, anche a ragione, a quello di Bjork, ma che cresce di album in album e assume sempre più una dimensione originale e personale che ne fa una delle più vivaci e particolari del panorama italiano.
Ma torniamo alla musica e soprattutto torniamo a Napoli. C’è una canzone di cui si è già molto parlato, nonostante la fresca uscita dell’ album, ed è Napoli città aperta, che sembra legata a doppio filo a Puzzle, uno dei pezzi più apprezzati dell’album precedente, dove Meg cantava: “Dall’alto il golfo a forma di cuore, ammiro rapita la mia città natale, qui il paradosso è cosa normale, le vene e le arterie stanno per scoppiare (…) e’ assurda la bellezza di questo folle posto meridionale”. Le liriche si intrecciano e si evolvono, e nascono le contraddizioni di Napoli e di chi, come Lei, ne è figlia e la ama; una dichiarazione d’amore, da un lato, e il terrore di perderla, dall’altra: “Guarda come è bella la mia città, come stella brilla (…) guarda come è sola la mia città rara come perla nera (…) quando lei dorme dolce creatura appare ed io mi incanto lì ad ammirare sapendo che al sorgere del sole il mostro si sveglierà per la fame, perciò non ti fidare, comincia a scappare”. E pensare che è stata scritta due anni fa, lontana (ma non troppo) dalle emergenze degli ultimi mesi. Pandora, ipnotica, è un omaggio a Edie Sedwick, mentre Impossibile trasmissione è un pezzo scritto qualche anno fa dalle sorelle di Meg (le Saloon Kitty); Laptop computer, prodotto con Vigorito, è una evidente dedica ai Kraftwerk. Pezzo disco, tra techno e house è Running Fast, nato da una visione delle riprese, minuto per minuto, della giornata in cui fu ucciso Carlo Giuliani. Il tocco di Mario Conte (produttore a sua volta, e volto conosciutissimo tra chi adora l’elettronica) è fin troppo evidente in Promises; anche qui è difficile non ballare.
Insomma elettronica per tutti i gusti, per chi ama perdersi nelle sue pieghe più sognanti e per coloro che, invece, vogliono solo e assolutamente ballarla.
Meg sforna un ottimo album e noi le dedichiamo un neologismo, Eardelice, delizia per le orecchie.
Autore: Francesco Raiola