Cresciuta nel Michigan a colpi di Karole King, Anna Burch già a 18 anni ha iniziato la sua vita da musicista costantemente in tour, per diversi mesi. Esausta, si è data uno stop ed h ripreso a studiare a Chicago, dove ha conosciuto Paul Cherry, che l’ha incoraggiata a lavorare sul già cospicuo materiale di canzoni soliste che Anna ha accumulato, mentre nel 2014 si trasferiva a Detroit tenendo banco come cantante e autrice dei Frontier Ruckus, e poi dei Failed Flowers, mentre intanto teneva ogni tanto banco come solista accompagnata da Stef Chura.
Insomma, tutt’altro che una principiante, anche se Quit The Curse è il suo effettivo primo album come debutto da solista, lanciato a inizio febbraio dall’etichetta Heavenly Records.
“Scrivere canzoni che ho sempre amato dal primo momento mi dà grandi soddisfazioni! Ma anche lavorare con altri musicisti e ascoltare le canzoni da me scritte che vanno da arrangiamenti tristi da songwriter a arrangiamenti pop mi ha dato una confidenza che non avevo mai avuto prima”.
E così è venuto fuori un disco che cerca di mixare pop e folk, con un’aggiunta di vago accento country. Le canzoni vengono fuori piuttosto zuccherose in melodia, anche se in realtà nascondono sorprendentemente testi molto oscuri, su relazioni distrutte o la distruttività di certe relazioni, come in 2 Cool 2 Care, o With You Every Day o la disperazione della droga in Asking 4 A Friend.
“Quest’album per me segna la fine di un’era di incertezze. Scrivere canzoni sulle mie battaglie emotive mi ha aiutato a superare una serie di momenti negativi della mia vita personale, dandomi un senso di creatività che stavo cercando da tempo”.
Un album liberatorio, dunque, come liberatoria e solare e calda e accogliente è la voce di Anna. Sui testi dunque, e sullo stile di canto, nulla da dire. Ma le 9 canzoni del disco nella loro melodia sempre sdolcinata e con pochi cambi di ritmo, e con una struttura identica dall’inizio alla fine in ogni pezzo (praticamente chitarra e voce e basta) diventano ripetitive già dopo il primo ascolto, e troppo monocordi per suscitare profonde emozioni.
La voce di Anna del resto accompagna la narrazione testuale come un’amica, ma è sempre sussurrata e non interpreta con struggimento. A lungo andare questo schema, ripetuto identico per nove canzoni, non ti dà l’idea del salto di qualità che l’artista andava cercando. Si rimane ben al di qua di un esordio capolavoro, anche considerando il genere musicale, che non è di quelli per i quali si vincerà mai il grammy dell’originalità. Però in Quit the Curse c’è effettivamente troppo di già sentito e molta ripetizione fra i pezzi. E’ soprattutto lo stile, allegro andante e consolatorio, che non riesce a tenere banco per tutta la durata del disco, in conclusione monotono e monocolore. Forse qualche arrangiamento più ricco strumentalmente avrebbe aiutato, ma in questo esordio Anna Burch fa tutto da sola e questo è comunque lodevole, anche se non salva il disco dalla mediocrità.
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autore: Francesco Postiglione