Il senso della melodia è probabilmente un dono naturale. E gli Shins, beati loro, sembrano essere tra quei musicisti dotati di questa capacità innata. Le loro canzoni sono impeccabili, incredibilmente orecchiabili eppure mai banali.
“Wincing the night away” è – rispetto al precedente, straordinario “Chutes Too Narrow” – un disco più lineare e meno bizzarro, più prodotto… insomma, più “pop” (tanto da arrivare – udite, udite! – al secondo posto nella classifica di vendite di dischi negli U.S.A.). E’ un lavoro dove gli arrangiamenti curatissimi non lasciano spazio a guizzi imprevedibili, e i ritmi rimangono per lo più lenti, così da poter far assaporare fino in fondo le delicate atmosfere sonore ricamate con tanta cura.
Per quanto sia diventato indubbiamente più patinato (non a caso in veste di produttore troviamo Joe Chiccarelli, uno che ha lavorato con gente come Beck, Brian Wilson, Elton John, U2, Frank Zappa e tantissimi altri), l’indie pop degli Shins rimane comunque musica di superba fattura, frizzante e trascinante (“Australia”), fresca e immediata (i coretti del ritornello di “Phantom Limb”), a suo modo ipnotica (il bel ritmo circolare di “Sea legs”), rarefatta e impalpabile (“Black wave”), delicata e sognante (“A comet appears”), dondolante in una dimensione a-temporale (“Girl Sailor”).
In “Wincing the night away” c’è molto “Pet Sounds”, ci sono i Beatles, il folk acido dei Byrds, la malinconia degli Smiths, di Echo & The Bunnymen e The Jesus And Mary Chain: ci sono riassunti e centrifugati 40 anni di pop music di qualità, riletti attraverso la sensibilità di quattro ragazzi-non-più-tanto-ragazzi cresciuti a Albuquerque, nel New Mexico, non propriamente il centro del mondo.
Personalmente li preferivo in versione “sghemba”, quando non cercavano di “tenere a freno” la loro straripante creatività. Ma anche in questa nuova veste “matura” (o “commerciale”, scegliete voi) gli Shins restano tra i migliori autori di canzoni pop rock ascoltati negli ultimi anni.
Autore: Daniele Lama