Dovevano chiamarsi Sick Tamburo inizialmente, ma secondo Elisabetta l’immagine del “tamburo malato” era l’ideale per il progetto di Mr Man, Boom Girl, String Face e Doc. Eye.
Gian Maria allora decide di dare un nuovo nome alla forma di vita nata guardando al futuro con la volontà di andare a scoprire il primitivo: così nascono gli Hardcore Tamburo.
Un collettivo di percussionisti della scena indie senza identità dediti al noise, all’industrial, all’elettronica e alla ricerca della brutalità primitiva con il lavoro svolto sulle percussioni, un incedere tribale che rende il tutto decisamente straniante.
Gli Hardcore Tamburo non sono solo ritmiche ossessive e ritorno alla quella primitività percussionistica.
“Kleiner Mann” non è stato concepito come un disco per un’accolita di fedeli dediti alle percussioni, anzi, il lato percussionistico del lavoro è quello che salta subito all’orecchio, ma il collettivo non si ferma lì. C’è ben altro: le percussioni creano solo il tappeto e il mood su cui far uscire dei brani che mescolano industrial, post-punk, elettronica e addirittura sprazzi di pop psichedelico.
È un’opera fondamentalmente coraggiosa: quello che gli Hardcore hanno affrontato è un territorio dove è facile toccare la banalità.
Quindi “Kleiner Mann” è banale o no? No, solo a tratti acerbo, ma mai troppo.
La title-track rappresenta al meglio il disco, con tutta quella carica iniziale fra sintetizzatori e colpi di batteria e l’incantevole stacco posto nel mezzo da dove sbuca, poi, un riff di chitarra quasi garage. Un bel po’ di laboriosità, insomma, ma anche tantissimo valore se non fosse per i suoni di synth che certe volte sembrano fuori luogo.
Ecco, la grande pecca di questo disco è la scelta dei suoni che fa perdere tanto ad alcuni brani che potevano dare molto di più. Una maggiore ricerca dei suoni avrebbe giovato molto di più e il risultato finale sarebbe stato molto più incisivo.
Questo non toglie merito agli Hardcore Tamburo che hanno saputo creare un lavoro diretto ad una grande fetta di pubblico e brani come “Full Of You”, “Gute Nacht”, “On The Road Again” e la già citata title-track hanno senza dubbio molto da dire.
Un disco che si divide fra battiti primordiali e sospensioni ultraterrene; un lavoro per nostalgici, amanti della nuova elettronica e non solo.
Autore: Franco Galato