Dopo la recente ristampa dello storico album Siberia esce Preso nel Vortice il nuovo, diciassettesimo disco, dei Diaframma di Federico Fiumani, che un po’ a sorpresa giunge a soltanto un anno dal precedente Niente di Serio e pubblicato ancora una volta dalla self-label del gruppo. C’è dentro rock’n’roll, new wave, cantautorato, punk rock ed una gamma molto vasta di sincere riflessioni su una storia gloriosa – quella della stessa band fiorentina – su un’epoca musicale lontana – il punk e la wave del 1978-83 viste dall’oggi – e c’è uno stile che ha cambiato il rock italiano, e sentimenti e stati d’animo narrati con una vitalità ed un’autoironia che molti gruppi rock non riescono a concretizzare oggi neanche in un disco d’esordio.
E poi ci sono gli amici di vecchia data della scena fiorentina degli anni 80, tra i quali Marcello Michelotti dei Neon che qui è ospite alla voce, Piero Pelù dei Litfiba cui un brano è dedicato e Alex Spalck dei Pankow, poi Gianluca De Rubertis (Il Genio) ed Enrico Gabrielli, definiti «il quarto Diaframma» per finire con Max Collini degli Offlaga Disco Pax; e c’è la promessa di una tournèe (con un nuovo chitarrista), per una band tra le pochissime che dal palco riesce sempre a sorprenderci col suo stile istintivo, raffazzonato, sporco e buttato lì così com’è, come viene buona la prima, chè a ragionarci troppo e a prepararla meticolosamente la musica perde energia e spontaneità, lo sanno tutti. Ecco qui cosa ci racconta Federico Fiumani riguardo Preso nel Vortice.
Ciao Federico, nel nuovo recente disco dei Diaframma si percepisce tanta voglia di suonare, di essere diretti, in linea del resto con le produzioni del recente passato, e anche il senso dell’umorismo, comunque sottile e mai banale, che emerge qua e là, dà l’idea di un buon momento esistenziale, sia personale che della band, malgrado si parli anche di storie d’amore interrotte.
Penso sia più vario rispetto al precedente, e questo è un bene. C’è dentro di tutto: sesso droga rock’n’rol e amori finiti.
È interessante il testo del brano ‘Il Suono Che Non C’è’; la riflessione fatta getta dei ponti, anche con pazienza, tra le epoche musicali, a vantaggio dei più giovani. “Ripenso spesso al suono che ho amato in gioventù/ma come tante cose belle non c’è più”, è una constatazione con sé stessi, una rivendicazione orgogliosa di appartenenza, o un invito ai più giovani ad approfondire la musica del passato?
‘Il Suono che non c’è’ è un pezzo nostalgico dove parlo della Firenze degli anni 80 e per questo ho voluto Marcello Michelotti dei Neon a cantarlo. Del resto la musica è nostalgia: per suscitare un ricordo cosa c’è di meglio di una canzone?
Sei sincero quando nel brano dici “massimo rispetto per quello che è venuto dopo”?
Certo che sono sincero, solo che è un suono, quello dei 90 per esempio, che non mi appartiene. La mia musica è il punk 77 e la new wave, che è il genere che ho suonato agli inizi e che mi ha dato da subito un discreto successo.
Nei testi citi CCCP, Teatro degli Orrori, con risultati divertenti. Tu che regali dischi dei CCCP alle donne per rimorchiare è un’immagine esilarante. Perchè non regalare Tre Volte Lacrime dei Diaframma? Non funzionerebbe?
Regalare un mio disco sarebbe stato troppo autoreferenziale e poi a lei piacevano i CCCP (ma forse di più i Diaframma).
La copertina di Preso nel Vortice ha uno stile grafico inedito per i Diaframma; anche lì mi sembra di interpretare il desiderio di essere diretti, di essere sé stessi; tra l’altro era dai tempi di I Giorni dell’Ira (2002) e Coraggio da Vendere (1999) che non mettevi la tua faccia in copertina, e tuttavia lì c’erano delle pose più studiate, volutamente cinematografiche.
Sì, volevo fare una cosa alla Jam di Snap!, una cosa all’inglese, e infatti siamo in un parco che potrebbe magari essere a Londra.
Hai dichiarato negli ultimi anni di apprezzare Francesco De Gregori; possiamo dire che i momenti più cantautorali di Preso nel Vortice, tipo le belle ‘L’Amore è un Ospedale’ e ‘Luglio 2010′, ricordino un po’ il suo modo di scrivere ed esprimersi?
Non credo siano pezzi alla De Gregori, sono miei e basta.
Vuoi raccontarci qualcosa di ‘L’Amore è un Ospedale’? Com’è nata questa canzone, in cui canti di argomenti molto delicati, come il rapporto con la malattia, propria e di chi ci sta vicino.
Ma è la voglia di sdrammatizzare che me l’ha fatta scrivere! Infatti dopo stavo benissimo. E’ giocata sul binomio Amore-malattia, due concetti che a volte coincidono, purtroppo. Almeno a me succede.
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autore: Fausto Turi