Finalmente una band dal suono indie rock, dai suoni garage e contaminazioni brit-pop, che però è pienamente italiana. Brothers NO More è l’EP di esordio dell’omonima band originaria di Salerno.
In soli 5 brani Gerry Guarino alla voce, D. Guarino alle chitarre, Paolo Langella al basso, Carmine Ciccarone alla batteria e Francesco Rizzo alle chitarre e tastiere, sembrano garantire una sorta di antologia di garage rock, post-punk, indie e brit pop, il tutto condito in salsa decisamente nineties. La loro musica è una fusione di questi elementi, risultando in un suono che è al tempo stesso coinvolgente e autentico, e fresco.
La storia della band risale al 2022 anche se alcuni elementi militavano già nei LEF: nelle origini la band era composta di soli quattro elementi, classica impostazione rock. Alla fine delle registrazioni del disco, fine 2023, il batterista Francesco “Bunker” Serra si separa dal resto della band consentendo ai BNM di intraprendere un nuovo connubio artistico con il batterista Carmine Ciccarone; e per arricchire ulteriormente il sound della band, nella primavera dello stesso anno, entra nel combo il pluristrumentista Francesco Rizzo.
La spiccata propensione genetica ad atmosfere sonore britanniche loro stessi la spiegano così: “La musica dei Brothers NO More è un mix di introspezione e commento sociale, esplorando le profondità delle esperienze umane. Le canzoni potrebbero risuonare con coloro che hanno affrontato la perdita, la nostalgia e provato la fiamma eterna della speranza. Infine, visto che 2 di noi sono per metà inglesi da parte di madre, abbiamo deciso di scegliere la lingua di Shakespeare per esprimere il nostro mondo interiore”.
E nella lingua di Shakespeare il quintetto si trova a suo agio anche al punto di vista metrico: partenza infatti fortissima e sorprendente con Falling Grace, dal cantato metrico veramente avvincente, in parte rappato, che affronta il tema della violenza di genere, a cui segue la title track, Brothers NO More, dalla dinamica rock, introdotta da basso e batteria frenetici, ancora più dura, per introdurre una riflessione sulla perdita di umanità vissuta dalle vittime di guerra.
Fin qui il disco sembrerebbe decisamente garage. Con Technicolor –il primo singolo estratto – cambia colore sonoro: la canzone, onirica e lieve, evoca nostalgia per un tempo che fu e sottolinea il desiderio di un’esistenza pacifica e vibrante. Maybe somewhere in outer space? canta Guarino, a dimostrazione che il ritmo meno serrato del pezzo è funzionale a una atmosfera utopica.
In White Daffodils, probabilmente il pezzo più riuscito o quantomeno senz’altro il più profondo e composito stilisticamente, lo stile britannico si fa specificamente celtico: la canzone è introdotta da chitarra acustica e voce, e sembra sentire i Cranberries o gli Smiths. nell’atmosfera, soprattutto per i cori finali: la canzone, delicata e pop al punto giusto, tocca delicatamente il dolore di perdere le persone a noi care. I bianchi narcisi rappresentano saggezza, speranza e resilienza: anche di fronte alla perdita, si può trovare la forza di andare avanti.
L’album si conclude Caregiver: altra intro alla Cranberries, ma qualcuno potrebbe trovarci in questi suoni anche i Cure, gli Smiths, i REM: c’è veramente tanto di anni ’80 e ’90, di new wave e britpop fusi insieme in questa band, e probabilmente questo è il loro fascino migliore, la loro cifra stilistica che sorprende. I BNM riescono infatti a unire un’epoca con l’altra, con una semplicità musicale sorprendente (in fondo è sempre basso, batteria, chitarra, tastiere e voce), tale per cui non riesci a distinguere le influenze fra di loro. Caregiver con esplora la perdita di connessioni umane, come l’amore e il sostegno della propria famiglia, quando si è costretti a trasferirsi altrove per cercare fortuna, lavoro o quando costretti a letto a causa di una malattia. Lo fa con un cantato dolce iniziale, con sottofono blando che poi si trasforma in un tema musicale forte e cupo, nel finale, stravolgendo completamente il colore della canzone e sorprendendo positivamente, ancora una volta, l’ascoltatore, che da Smiths e Cranberries è improvvisamente catapultato nella new wave oscura dei primissimi Cure.
Se tutto ciò già è sorprendente di suo, pensare che tutta questa amalgama derivi a una band italiana, per quanto con influenze UK, è ancora più ragguardevole.
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