C’è un brano che amo con particolare “devozione”: è “Afro Blue” di Mongo Santamaría, bello nella “nascente” versione sia del suo “scrittore” in proprio che con Tad Tjader, eccelso nelle molteplici declinazioni del suo più grande interprete John Coltrane. Questa premessa si è resa necessaria perché ricordo che rimasi incredibilmente impressionato quando ascoltai la meravigliosa “Afro Blue” restituita da Melanie De Biasio (contenuta in “Lilies” del 2017) che tra le numerosissime versioni (per restare in tema di voci femminili dalla storica di Abbey Lincoln sino a quella di Robert Glasper con Erykah Badu) è di un incredibile fascino nella sua essenzialità.
E a ben ascoltare, il confine labile ed elegante sul quale la De Biasio riesce a intonare la propria musica è filo sottile. Lo ha dimostrato il totalizzante EP “Blackened Cities” (del 2016) con il suo “unico” flusso di coscienza in chiaroscuro di 24:16 minuti, erede delle precedenti “Sweet Darling Pain” e “With All My Love” di “No Deal” (del 2013).
Con “Il Viaggio” ([Pias]) Melanie De Biasio si spinge oltre; è come se avesse interiorizzato il mondo esterno, compiuto prima un’anabasi verso il suo mondo interiore, per poi declinare una visione personale di quanto osservato e sentito: abbandonato il jazz, si avverte un ancestrale e cantautorale spirito post-rock aleggiare su “Il Viaggio”.
Diviso in due parti (una per vinile – il vinile è doppio) intitolate “Lay Your Ear To The Rail” e “The Chaos Azure”, “ll Viaggio” “was born from an awakened emotional memory. It offers a quest for musical, physical, and spiritual renewal. With a combination of concrete and ambient, this album drifts between the natural sounds of daily life and a dreamlike, imagined world” (si legge sul sito della [Pias] – va evidenziato che il retro del vinile è ricco di interessanti “note” ).
“Il Viaggio”, e sopratutto il disco 1 “Lay Your Ear to The Rail”, ha, poi, un legame con l’Italia, con l’Abruzzo in particolare e con il paese di Lettomanoppello in provincia di Pescara: “Alone with only lightweight recording equipment and an old camera, Melanie De Biasio settled for a month in the small mountain village of Lettomanoppello in Abruzzo, Italy. This became the starting point of Il Viaggio. During her stay Melanie collected testimonies, in particular ones from Ciccopeppe, a man who was exiled to Belgium before returning to his roots in Italy. His stories became the foundation for ‘Lay Your Ear To The Rail.”(Dal sito della [Pias]); non a caso, molti brani di “Lay Your Ear to The Rail” sono cantati in italiano.
E così, la viva voce di Ciccopeppe dà l’abbrivio al “profondo” e “narrativo” brano di esilio e di apertura “Lay Your Ear to The Rail”: “In his voice, I perceived an echo of the whole of humanity” scrive Melanie De Biasio nelle note di copertina.
“Nonnarina” è rituale ninnananna acustica cantata in italiano e apre il sonno e il sogno allo spirare lento, sacrale, sanguigno e notturno di “Il Vento”: “Mi senti/Mi senti/Mi senti nelle tue vene”.
“We Never Kneel to Pray”, come suggerisce anche il titolo, è particolare sussurrata “invocazione” (“We never kneel to pray/we appeal to full moon/crave a quiet morning/divine the aroma of a beautiful stranger”) in cui la De Biasio abbandona in parte il canto per offrire un’intensa “conversazione” con se stessa. Qui “il viaggio” fa tappa presso le Catskill Mountains, a nord di New York, dove Melanie ha incontrato il musicista e produttore David Baron e il violoncellista Rubin Kodheli che hanno contribuito alle improvvisazioni collettive che accompagnano il brano.
Invero, in tutto il disco c’è un’attenzione maggiore al detto, al raccontato e al sussurrato, più che al cantato: Melanie De Biasio dimostra come si possa far anche a meno della tecnica vocale per esprime appieno intensità emotiva con la voce.
“I’m Looking For”, grazie alla chitarra di Pascal N. Paulus (ossatura e punto saldo come musicista e co-compositore di “Lay Your Ear to The Rail”), disegna scenari post-rock.
Con “Mi Ricordo di Te” torna il cantato in italiano e, complice anche il “ricordo”, torna alla memoria una malinconica tenerezza che da Victor Jara di “Te Recuerdo Amanda” porta al Luigi Tenco di “Vedrai Vedrai”.
Gli 8:35 minuti di “Chiesa” ripropongono la De Biasio più sperimentale, fondendo elementi ancestrali a cupa e sacrale sperimentazione da rock indipendente contemporaneo: “In Chiesa, Melanie’s flute takes advantage of the natural echo of a church, creating a spatial wholeness, while the beat evokes footsteps” (si legge nelle note di copertina).
“Now is Narrow” e “San Liberatore” proseguono “il viaggio” sul solco tracciato da “I’m Looking For” e, aumentando (apparentemente) il battito, si collocano tra le “ballate” slowcore e post-rock di fine millennio.
Riposto il primo vinile e posato sul piatto il secondo, “The Chaos Azure” è composto da due lunghe suite, una per lato (sulla falsa riga di “Blackened Cities”).
L’omonima “The Chaus Azure”, della durata di 20:23 minuti, è una lunga evoluzione soffusa che a dispetto del titolo trasmette una pace (anche nei crescendo) a tinte non pastello ma intense; riprendere, come evoluzione, “We Never Kneel to Pray”e vede anche essa l’apporto di David Baron e Rubin Kodheli.
“Imagine the Dawn, or ‘Alba’ in Italian. It is an image that can symbolize awakening and a hope for renewal …” (si legge nelle note di copertina), e “Alba”, con suoi 18:12 minuti, è ciclica meditativa rinascita: gli spazi diventano distese interiori in cui tutto si ricongiunge a un rinnovato punto di partenza (“Finally, returning to Charleroi, Belgium, the eponymous ‘Alba’ is recorded with Pascal Paulus – bringing the work to a full circle, arriving at a still and restful resolution” – si legge nel sito della [Pias]); nelle note di copertina c’è poi il rimando a: “Alba is also the name of ‘The House of Shared Talents’ (La Maison des Talents Partagés), a project which Melanie De Biasio launched in 2018”.
Il disco è infine dedicato a David Sylvian (sempre dalle note di copertina).
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