A dieci anni dall’omaggio Town Van Zandt, Steve Earle ringrazia un altro mostro sacro del country, anche in questo caso texano, Guy Clark. Clark, venuto a mancare tre anni fa, è stato ispiratore, amico e mentore di Earle. I due, infatti, divennero intimi già quando Earle era giovanissimo ed ebbe l’opportunità di partecipare al disco d’esordio di Clark ,“Old no. 1”. “Guy” non è un semplice disco-omaggio ma è un atto d’amore a qualcuno che è stato fondamentale per la carriera e per la vita dell’autore di “Devil’ right hand”. Nei sedici brani, tutto strutturato necessariamente sul country, con tutte le sue variabili; non potevano mancare perle quali la scarna ed essenziale “L.A. freeway”, la scoppiettante ballata che si tramuta in blues di “Texas 1947” e il country-blues tanto essenziale quanto magistrale di “Dublin blues”. Le armonie, spesso giocate su incroci tra pedal steel e violini (“She ain’t going nowhere”, “New cut road”) sono gustose ballate avvolgenti (“Anyhow I love you”), ma anche caratterizzate dal blues da frontiera (“Desperados waiting for a train”). In questo modo Earle si è sdebitato anche con Clark e ci ha insegnato l’importanza di non scordare mai le proprie radici.
autore: Vittorio Lannutti