Eric D.Johnson, già collaboratore di Vetiver, Shins e Califone e autore di varie colonne sonore di film, da 10 anni porta avanti i Fruit Bats, e Tripper è il quinto disco della band, che per la verità ruota tutta intorno a lui, che di volta in volta chiede aiuto a vari ospiti per mettere in pratica le proprie composizioni, in cui i testi sono curati e molto ricchi di narrazioni compiute, in uno stile cantautorale che ricorda i compagni d’etichetta Kelley Stoltz e Chad VanGaalen, o i Danielson, col cui leader Johnson condivide lo stesso tipo di voce caricaturale che molto spesso raddoppia con la sovraincisione, e i contenuti affrontano temi quali la crescita, il distacco, il viaggio, e le metafore che questi concetti si portano dietro.
E’ un indie pop piacevole, dal ritmo brioso e positivo e dai passaggi armoniosi soprattutto in taluni ritornelli (‘Tangie and Ray’, e ‘Heart like an Orange’), in qualche modo inattaccabile sebbene poco penetrante, e difficilmente destinato a sopravvivere al tempo, soprattutto per chi ascolta senza seguire il senso dei testi dei brani.
Probabilmente la cosa migliore del disco è il soul intitolato ‘The Banishment Song’, momento più riflessivo, finalmente di una certa classe e fattura.
Autore: Fausto Turi