Da un esordio post-rock riconducibile al filone Slint-June of ‘44 (“Inside the whale”, 2003), i Miranda approdano ad un secondo lavoro di post-post-blues sporco ed acuminato, il tutto in nome di uno spirito post-punk che fa di loro un gruppo in realtà poco propenso ad essere classificato secondo definizioni pre-confezionate. Perché sì, al di là di tutte le etichette “post” utilizzabili a fini esemplificativi e al di là di eventuali illustri discendenze genetiche (i tre Miranda non temono il gioco dei paragoni e sono loro stessi a sottolineare gli ascolti che li hanno accompagnati durante la gestazione di “Rectal exploration”: US Maple, The Ex, Can, DNA, Captain Beefheart…), la musica di Giuseppe Caputo, Piero Carafa e Nicola Villani è una strana creatura guizzante ed imprevedibile, che rigurgita brandelli noise e tartagliamenti ritmici, ciondola pigramente su se stessa, si satura all’inverosimile, sfugge e si insinua tra dissonanze e contorsioni…
Fantasiosi, vitali e a loro modo irriverenti, i Miranda ci regalano un ascolto stimolante dal primo all’ultimo minuto, con vertici assoluti rappresentati dalle incursioni punk-funk di “Monosexfiles”, dall’indie-rock scapestrato di “Rough feeling”, dalle fermentazioni new wave di “Zhou” The hell is a beer” e dai loops vocali scorticati di “R. Mutt is shitting at my place”.
Autore: Guido Gambacorta