Concepito come un disco suddiviso in tre momenti (vedi anche l’edizione doppio vinile con tre facciate incise), il nuovo lavoro dei canadesi Do Make Say Think è concepito per essere ascoltato con contemplazione pari a quella richiesta per ammirare un film (senza dialoghi, ovviamente) dai movimenti di camera lenti e la fotografia straordinariamente curata. Di giochi di luce e ombre si nutre anche questo lavoro: basta una lieve dissolvenza e dalla prima parte del disco ci si ritrova nel “secondo tempo”, con l’atmosfera che cambia repentinamente, come – appunto – se ci fosse stata una svolta nella “storia”, o una sorta di digressione nella narrazione.
Nel “primo tempo” troviamo due lunghe cavalcate dall’incedere epico e drammatico, ‘Fredericia’ e ‘Auberge le Mouton Noir’ (intervallate da una breve traccia “di raccordo”), che partono da arpeggi malinconici e delicati di chitarra per poi sfociare in groove appassionanti, travolgenti, impetuosi. Il secondo movimento, che comincia con i dieci minuti abbondanti di ‘Outer Inner & Secret’, invece, si muove perlopiù tra quadri impressionisti, dilatazioni, ricami di tromba…oltre alle “consuete” esplosioni soniche, ancora più subdole che nella prima parte del disco.
Molto più movimentata la terza parte, in cui le chitarre s’inseriscono tra parti di batteria più sostenute e lineari e suoni elettronici sminuzzati, tagliati e incollati ad arte per dare un senso di caos incombente. ‘It’s Gonna Rain’, una distesa di rumori digitali, introduce la bellissima ‘Hooray! Hootay! Hooray!’, dove arpeggi di chitarra acustica accarezzati dalla tromba (o viceversa, come preferite), suoni ambientali, loop che girano al contrario e percussioni appena sfiorate in lontananza sono il preludio per uno splendido pezzo, con una chitarra che suona come un coro uscito da una colonna sonora di Morricone (?!), per poi lasciare spazio ad un vero coro proprio quando il ritmo inizia a diventare leggermente più sostenuto, e un nuovo arpeggio prende il posto delle micropulsazioni elettroniche che fino a quel momento avevano costituito la materia sonora principale del pezzo. Beh…più difficile (nonché inutile) a descriverlo, che a restarne affascinati. Un ottimo disco di post rock cinematico.
Autore: Daniele Lama