Il ventesimo lavoro solista dello sperimentatore statunitense Jeff Greinke, pur rimanendo generalmente centrato sul dark ambient di cui è considerato pioniere e riferimento, allegerisce in parte l’opera con più rassicuranti elementi sonori minimal malinconici ma anche neutri ed accenni di struttura jazz e classica, portando avanti una speculazione sonora intorno all’esperienza dell’osservare il paesaggio in un quieto e solitario viaggio in treno. La natura dunque, gli spazi vuoti e quelli selvatici o antropizzati, fonti d’ispirazione di un lavoro in cui i molti musicisti coinvolti agli strumenti più vari – percussioni, tromba, clarinetto, archi, corno, trombone, chitarra, basso elettrico – ricreano piccole indolenti suite che Jeff Grienke completa al computer con suoni perfettamente coerenti.
Noto soprattutto per lo studio sui suoni ambient tetri e realistici ottenuti attraverso strumenti acustici ed elettronici, e per le composizioni destrutturate che l’hanno portato a lavorare per teatro, cinema, danza, videoarte ed installazioni moderne, Greinke ogni tanto trasgredisce e compone brani che prevedano ripetizione di battute ed evoluzione di temi musicali abbastanza precisi, come negli otto brani di quest’album, che ricorda molto taluni lavori di Brian Eno, Max Richter e Michael Brook, e ci si può divertire ad associare le emozioni provate ai titoli: ‘Strange Birds’, con i suoi 9’57” è ammaliante come i lenti e lontani volteggi di certi uccelli in volo che sfidano il vento, e ricorda il sofisticato jazz minimale moderno nordeuropeo di Jan Garbarek, mentre la dilatata ‘The Milky Way’ è un altro momento riuscito: il più dark ambient del lotto, in effetti, con la suggestiva visione notturna di qualcosa di luminoso ed irripetibile; ‘Night Train‘ è invece un tema costruito su immagini decadenti, fumose, e se racconta di un treno notturno dev’essere senz’altro un viaggio onirico, che in qualche modo prosegue coerente nella successiva ‘Autumn Moon‘.
L’iniziale ‘Scenes from a Train‘ sviluppa un tema semplice ed indolente alle percussioni e computer contrappuntato dal trombone, mentre in ‘The Beautiful Storm‘ tornano elegantemente in auge violino e violoncello, ancora con un requiem teso di grande bellezza, dal sapore una volta tanto mistico, sacro addirittura, che ci richiama alla mente le cose recenti, soliste, di Dustin O’Halloran. ‘Valley and Ridge’, ancora, è molto cinematografica, e narra lo spazio selvatico a perdita d’occhio.
Scenes from a Train è un lavoro in grado di avvicinare all’ambient anche i profani, per quanto contenga musica concettuale e rigorosa.
autore: Fausto Turi