Chissà quanto oggi lo ricordano ma una piccola città del nostro spesso bistrattato paese, di 100.000 abitanti, che fino a diversi anni fa non era nemmeno provincia, detiene un primato mondiale, un record, una perla, e anche un guinness: aver fatto suonare 1000 persone contemporaneamente per una canzone. E poi, ancora un altro guinness, un anno dopo, per un concerto intero.
Questa città è Cesena, la canzone era Learn to Fly dei Foo Fighters, l’anno il 2015, il concerto successivo nello stadio cesenate si svolse nel 2016, e il video della canzone registrata al parco dell’ippodromo di Cesena ebbe il secondo record di visualizzazioni nel mondo di quell’anno dopo Gangam Style, con 62 milioni di visualizzazioni a tutt’oggi.
Questa fu notizia dell’anno, e tutti conoscono la storia. Si conosce forse meno il resto della storia, ovvero che da quel video e da quel concerto dell’anno dopo è nata una start up, un brand, un marchio, una organizzazione capillare, che ha portato la “band più grande del mondo” (come giustamente dice lo slogan) in giro per nazioni e continenti da Parigi a San Paolo in Brasile, da Francoforte agli Stati Uniti, e in Italia da Firenze a Linate, per quasi dieci tappe.
A sette anni di distanza esatti, dal 30/7/15 al 29/7/23, la macchina del Rockin 1000, magistralmente organizzata come un esercito (e diventata ormai “industriale”) da Fabio Zaffagnini, assoluto Napoleone del rock moderno, con i suoi generalissimi, i direttori d’orchestra Rodrigo D’Erasmo e Daniele Plentz, ritorna a Cesena, la sua città natale (Zaffagnini è di Cesena come molti dei Guru, i ragazzi che preparano i 1000 a suonare insieme), per un appuntamento che è più di una celebrazione e più di un compleanno: i Rockin 1000 non potevano restare indifferenti all’alluvione che ha colpito la Romagna, con Forlì Cesena e Ravenna tra le province più devastante, lo scorso 15-19 maggio.
Invenzione dell’estro romagnolo difficilmente superabile in Italia, il Rockin 1000 non poteva non correre in aiuto della sua terra: e anche se ad oggi i 1000 vengono da tutte le parti di Italia, e anche da fuori Italia perché l’ingaggio avviene tramite una selezione on line accuratissima, fatta di provini, tutorial, e prove spasmodiche, Cesena e il suo stadio Manuzzi è stato di nuovo e necessariamente il luogo di ritrovo del “mucchio selvaggio”, per l’occasione con Diodato e Grigo dei Negrita come ospiti speciali, per raccogliere fondi da destinare ai cittadini che hanno subito danni (ci sono state anche vittime, omaggiate all’inizio con un minuto di silenzio e una poesia in dialetto).
Diciamolo subito: per uno spettacolo così conta poco la scaletta, e ancor meno l’esecuzione. Potremmo soffermarci a dire che Bullet with Butterfly Wings degli Smashing, Seven Nation Army (complice anche la sua fama in Italia come canzone prestata come inno alla coppa del mondo del 2006) dei White Stripes, Enter Sandman dei mitici Metallica sono sicuramente state brillanti grazie al ritmo sostenutissimo, e che la migliore proprio per questo è stata Killing in the Name of dei Rage Against the Machine, e potremmo e dovremmo raccontare che a dispetto della fama universale Bohemian Rapsody, almeno a giudizio di chi vi scrive, è stata una resa di ballata meno emozionante di Yellow dei Coldplay per come è stata suonata, e ancora osservare che Where is My Mind dei Pixies è stata una autentica sorpresa per come è riuscita. Ancora, per dovere di cronaca va citato il fatto che la band gigantesca è riuscita anche a produrre e mettere su in concerto un suo inedito, How We Roll (naturalmente non scritto e strutturato da tutti i 1000 ma solo dagli organizzatori).
E’ ancora è giusto ricordare che il medley dei Green Day fra Boulevard of Broken Dreams, American Idiot e Basketcase, e quello, brevissimo, dei Radiohead fra Just e Paranoid Android, ben cantate da Diodato ma non eseguite completamente, sono state autentiche chicche.
Ma lo spettacolo in un concerto dei Rockin 1000 non lo fanno le singole canzoni. La precisione tecnica poi non può nemmeno essere apprezzata. Parliamo di 1000 persone che suonano insieme, all’incirca suddivisi in quattro gruppi da 250 anime l’uno, tra basso, batteria, voci e chitarre. L’effetto non può che essere mastodontico, certamente non raffinato, ma l’impatto sonoro è devastante ed è un suono che l’umanità intera non aveva mai ascoltato prima del 2015.
Questo impatto è ancora, nonostante la ripetizione in questi anni della formula, assolutamente primordiale, unico, scenografico, immediato, folgorante, a prescindere dalle canzoni suonate. E non è nemmeno l’unica cosa che si gode, in un concerto dei Rockin 1000.
Anche entrare allo stadio e vedere già soltanto gli strumenti posizionati, è uno spettacolo, letteralmente, unico e inedito. Così come l’entrata della band: quella cosa che si risolve di solito in pochi minuti di applausi, qui è un processo coreografico di mezz’ora, una specie di festa nella festa, di esibizione nella esibizione. Devono entrare mille persone e prendere posizione, tutt’altro che banale.
Poi, anche solo ammirare la coreografia spontanea delle braccia che picchiano all’unisono le batterie è un altro spettacolo nello spettacolo. Ancora, sentire le voci in coro che vi cantano le vostre canzoni preferite, comprendendo che i cori sì li avete già ascoltati nella vita, ma un coro così potente e forte mai, è un’altra esperienza nella esperienza.
E infine, per certi versi la parte più bella è la fine, quella che qui è venuta suonando prima Romagna Mia in versione rock gradevolissima e ben arrangiata, e poi inscenando l’inno finale della band, quella Learning to Fly dalla quale sono nati: quando, conclusa la musica, i musicisti, finito il concerto, festeggiano, si abbracciano, vanno verso il pubblico, delirano loro come delira il pubblico, e si uniscono insieme nella festa, negli applausi, e tu non capisci più chi è il pubblico e chi la band, perché tutti, ma proprio tutti, insieme, festeggiano e sono commossi.
Ecco, il punto è questo: nonostante la macchina sia diventata professionale, stiamo comunque sempre parlando ancora di musicisti semi o per nulla professionisti che vengono reclutati in modi disparati e che magari suonano di solito nei loro garage o al massimo in sala prove, e mai nella vita potrebbero aspettarsi di trovarsi davanti a 30-50 mila persone, pubblico riservato di solito alle band grandissime. Ecco, queste persone “normali”, che amano la musica e la praticano ma anche e soprattutto la ascoltano come me e voi che leggete, si ritrovano a essere per una sera dentro il loro sogno più spinto, quello di essere una star del rock davanti a un pubblico immenso. E il pubblico vede il risultato di questo, ovvero i loro occhi commossi e stralunati, che ancora non ci credono, vede, nei momenti finali, il loro entusiasmo, che è ben diverso da quello di certi professionisti di alto livello che oramai, facendo musica per professione, hanno perso il contatto con la “magia”.
Rockin 1000 è proprio questo: la celebrazione della magia del rock, inteso come rito collettivo, come rituale di iniziazione che non ha paragoni con altri generi musicali nella storia della musica, e che perciò avrà per sempre e sempre un posto unico nella storia della musica stessa: perché fonde le anime in un gesto provocatorio, di ribellione, ma anche estatico e catartico insieme.
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autore: Francesco Postiglione
foto di Elisa Schiumarini
SCALETTA
Enter Sandman (Metallica)
Smell like Teen Spirit (Nirvana)
Bullet with Butterfly Wings (Smashing Pumpkins)
Livin’on a Prayer (Bon Jovi)
We won’t get fooled again (Who)
Yellow (Coldplay)
Medley Green Day
Knights od Cydonia (Muse)
How we Roll (inedito)
Jumpin’ Jack Flash (Rolling Stones)
My Hero (Foo Fighters)
Where is My Mind (Pixies)
Bohemian Rapsody (Queen)
Another Brick in the Wall (Pink Floyd)
Seven Nation Army (White Stripes)
Killing in the Name of (Rage Against the Machine)
Romagna Mia (traditional)
Learning to Fly (Foo Fighters)