Quando nel 2001 uscì “The Ugly People Vs The Beautiful People”, scopri il raffinato pop dei The Czars (con all’attivo già tre LP), per un disco ottimamente “confezionato” che inanellava una serie di “canzoni” di estremo gusto quali “Drug”, “Side Effect,” “Killjoy”, “Autumn” …; alla voce e al pianoforte era John William Grant.
Se i The Czars riuscirono in parte a ripetersi con il buon “Goodbye” del 2004 (da ricordare “Little Pink House”, “My Love”, “Paint The Moon”…), Grant nel 2010 pubblicava il suo incredibile disco d’esordio come solista “Queen Of Denmark”, lavoro di caratura superiore anche a quanto in precedenza realizzato con i The Czars, sospeso tra cantautorato folk e alt-pop di pregio assoluto, come certificato da “TC And Honeybear” (con le sue atmosfere da progressive inglese; mi sono tornati in mente gli Spring e il loro splendido omonimo del 1971), la malinconica e bellissima “Marz”, e ancora le altrettanto pregevoli “Where Dreams Go To Die”, “Sigourney Weaver”, “It’s Easier”, “Jesus Hates Faggots”, “Queen Of Denmark” …
Sostanzialmente Grant, con “Queen Of Denmark”, era riuscito a prendere il meglio dei The Czars e a renderlo proprio e intimo (va detto che parte attiva per la realizzazione del disco furono Paul Alexander e Eric Pulido dei Midlake autori di quel capolavoro che è “The Trials of Van Occupanther”).
“Queen Of Denmark” resta un disco incredibile e irripetibile nella carriera di Grant sebbene la sua scrittura si sia sempre mantenuta su buoni livelli e abbia visto collaborazioni importanti come quella con Sinéad O’Connor per LP “Pale Green Ghosts” del 2013 (da cui fu anche tratto il singolo “GMF) o quella con Tracey Thorn del 2015 per “Disappointing”.
Oggi con “The Art of the Lie” (Bella Union) siamo ben distanti dal lontano 2001 e Grant, conservando profondità nelle liriche, ha reso la sua musica più trasversale e “contaminata” (in vero sarebbe bastato anche ascoltare la citata “Disappointing” o le tracce aggiunte allo stesso “Queen Of Denmark” per intuirne l’evoluzione nel tempo); ne è testimonianza il disco-funky elettronico (alla George Clinton) di “All That School For Nothing” in apertura di disco.
Da volo a planare è “Marbles” che si distingue per lo “sconnesso” assolo e gli strali di elettronica nel finale.
Toccante è la bella ballata retrò intrisa di elettronica “Father” (“And sometimes I just want to run into your arms/And let you hold me, once again/I feel ashamed because I couldn‘t be the man/You always hoped that I, would become/Ahh, Ahh”) che chiude un Side A di ottima fattura
Il tempo di girare il vinile e la tematica familiare prosegue con “Mother And Son” (“He doesn‘t know hate now/He doesn‘t know sorrow/He doesn‘t know fear/Nor does he/Fret for tomorrow/He doesn‘t feel pain anymore/He doesn‘t feel any shame/He knows what men spend their lives/In pursuit of/He is at peace while their writhe/In their horror”).
“Twistin Scriptures” è breve significativo intermezzo che porta, e si collega, all’elettro pop di “Meek AF”, in ritardo sui tempi, ma ben reso è che si esalta nel “Breakdown” rap con richiamo testuale: “Your favorite party game is Twistin´ Scriptures!…”.
Il secondo vinile è aperto dal troppo radiofonico e nella norma funky di “It‘s a Bitch” (da Grant ci si aspettava di più) che, sebbene singolo che ha anticipato l’uscita di “The Art of the Lie”, mi ha personalmente lasciato indifferente.
La quasi sacrale “Daddy” eleva il valore del “side” e completa nel migliore dei modi un’ideale trilogia con “Father” e “Mother and Son” … toccando anche essa al cuore soprattutto nel chorus: “Daddy, you‘re like the ocean/You‘re like the waves crashing/On the beach that morning/Daddy, you are majestic/Would you betray me?/Would you hurt me?”.
“The Child Catcher” è particolare tanto nella sua evoluzione quanto nella sua apertura musicale, straniante rispetto al contenuto testuale che si risolve nello scarnificante assolo di chitarra.
Con “Laura Lou” torna (in parte) il Grant dei The Czars che, in seno, non disdegna di “sperimentare” con la voce, matrice che si ripete con successo nella conclusiva “Zeitgeist” …. “The world is closing in again on me tonight/And I can see it‘s gonna be a long way/To the morning light”.
Ultima menzione per la splendida copertina.
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