Acque chete ed insidiose trame quelle che il trio abruzzese dei I Giorni dell’Assenzio iniettano nel loro esordio caloroso, Immacolata Solitudine, un visionario e introspettivo otto tracce che non amano stare in disparte, irrompono all’ascolto tra dolcezza amara e voglia di spaccare tutto, un cluster autentico che mette a fuoco le sue vere attitudini, cioè quelle di farsi valere per conferire tra i molti quell’autentica poetica col jack che rode, spazio tra immaginifico e suggestioni cantautorali.
Un disco che tutto sommato esce con la testa alta delle opere prime fatte con intelligenza e passione, un dispiego di parole, concetti, epiche e tremori indie, un lavoro compatto e articolato, allucinato il giusto e “differente” dalla massa che – nelle sue direzioni viscerali e melodiche – ha veramente più di un qualcosa da dire, e per essere il primo passo di una band emergente, tutto ciò assume plus valore spasmodico, una piccola eccellenza del sottosuolo sonico che sbuca, suona, segna e sogna.
Si sente anche la sottile tensione modulata dei lavori ben meditati, ok l’impulso dei distorsi ma una potenza mite nell’evolversi, un insieme di pensieri e suoni stratificati, ombre desertiche Kuntziane Gigante, Radioattività, le dissolvenze di Eveline e i refoli alla Petramante nella titletrack, più in là scintillante e compulsiva bellezza di Indi(e)feso a completare un disco che rimane on air anche quando la sua vitalità tace, seguitando a contorcere la nostra voglia disincantata di nuove storie rock da soppesare.
Tutto è suonato col cuore nelle mani e l’anima nella presa di corrente.
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autore: Max Sannella