Un disco nuovo di Songs For Ulan intitolato The Globe has Spun and we’re All Gone… una conferma del valore di questo progetto musicale tenace, coerente, che accarezza e ferisce col blues più marcio, il folk e i testi in inglese. L’occasione per intervistare Pietro De Cristofaro (aka L’ermetico), chitarrista, cantante, autore, e farcelo raccontare.
Come mai tanto tempo, Pietro, tra il precedente disco You Must Stay Out, del 2006, ed il nuovo recente The Globe has Spun and We’re all Gone? Cosa avete fatto in questo tempo?
Succede di non avere qualcosa da dire. Né voglia di farlo…
Le canzoni del nuovo disco mi pare contengano diverse novità, nella forma musicale: ‘Little Queen’ s’avvale di un’inedita elettronica disturbata e noise, al contrario nella successiva ‘Hook’ il ritmo è quasi primitivo, con una tammorra e altre percussioni poco riconoscibili; semplificando direi che c’è voglia di cose nuove.
Il disco è stato scritto e registrato tra Maggio e d Agosto 2009. Ci abbiamo messo le mani in tanti: a Milano Luca Recchia, Lorenzo Corti, Guido Andreani, Dave Muldoon. A Sorrento Enzo, Fulvio e Floro con Peppe e Joseph Naranjo. Sotto l’ala di Cesare [Basile, ndr], ovviamente. Molte tracce sono live in studio o… al mare… ‘A Promise’ è nata a primo take, quasi improvvisata.
Dico che c’è anche una maggiore cura dei dettagli. Sappiamo che vi piace l’aspetto più istintivo della musica, e che in passato, Pietro, hai anche inciso al mattino brani scritti praticamente la sera prima, e hai messo su disco cose registrate a casa tua buona la prima… E’ cambiato qualcosa in proposito?
C’è un lavoro diverso sui testi, più pensato, oltre all’adattamento in inglese delle poesie di Tiziana Cera Rosco.
Tornando a ‘Little Queen’ ed ‘Hook’, parliamo di donne: sono canzoni amare che narrano di due donne che tengono in pugno i loro uomini quasi con una magia. In pratica due streghe… poveri loro! E anche in ‘She’s a Ghost’, il protagonista sembra aver perduto la ragione per una donna.
Amo le streghe.
Il disco si apre con il rumore del mare, come sottofondo in ‘Like TV’, una canzone molto poetica che nella scelta delle parole mi fa pensare a Johnny Cash… qualche anno fa in un’altra intervista ci spiegasti l’importanza che ha il mare per te che ci sei nato vicino, e la difficoltà ad immaginare di trasferirti in una città del Nord Italia lontana dal mare, sia pure per essere più presente nel giro giusto della musica indipendente…
Sto veramente bene sott’acqua e in alta montagna. Non disdegno le metropoli.
I musicisti di Songs for Ulan sono delle prime scelte della scena napoletana: oltre te ci sono Fulvio Di Nocera al basso, Enzo Mirone alle chitarre, Floro Pappalardo alla batteria. Tanta maestria mi pare che a tratti vi spinga verso un jazz sia pure notturno e selvatico. E poi usate in diverse occasioni il contrabbasso, tipico strumento jazz…
La band è eccezionale. Abbiamo tirato dentro pure Fofò Bruno/ Emond alle tastiere – questa sì una scelta diversa rispetto ai lavori precedenti – ed alle chitarre. Non so se è giusto parlare di jazz, i suoni talvolta ingannano…
‘What Good Can Tell’ secondo me è il brano di punta del nuovo disco, in cui di Songs for Ulan si percepisce tutta l’intensità; e mi piace una frase che l’etichetta Stoutmusic utilizza per promuovere il nuovo disco: “Canzoni di amore e di dolore che hanno la stessa fisicità di un chiodo conficcato nel legno….”; descrive bene la musica di Songs for Ulan. Qual è il pezzo più importante per te, Pietro?
Non saprei, probabilmente ‘You Only Love’. Scritta al mattino, a Milano, pronta, e dico pronta, alle sei di sera. Cantata su basso e batteria… oscilla da paura!
Su You Must Stay Out c’era una cover dei Gun Club, un brano intitolato ‘Secret Fires’. Nel nuovo album rifate invece un brano bellissimo di Leonard Cohen intitolato ‘If it Be your Will’, che trasuda gentilezza e dignità. Come lo hai scelto?
Con Cesare Basile, a casa, ascoltando musica. Mi ha detto: “cantala, và…” è bello per noi due giocare con le belle canzoni, non una sfida… un’ esperienza che paradossalmente, quando stai sempre sulle tue cose… ti alleggerisce. Responsabilmente. Un crocicchio nel disco.
Il disco è stato inciso in parte a Sorrento e in parte a Milano, e della produzione s’è occupato ancora Cesare Basile; come è andata la lavorazione?
E’ stato registrato in parte al Carezza Studio sul Naviglio, e il grosso al Monopattino di Peppe Enzina De Angelis… gran bella roba per fare un disco… una settimana più i mix, in tutto dieci giorni. Sereni davvero.
Hai già sentito Sette Pietre per Tenere il Diavolo a Bada, l’ultimo disco di Cesare Basile? Che ne pensi?
Credo che 7 Pietre rappresenti una svolta decisissima in quello che Cesare è come persona prima che musicista. Album meraviglioso come tutti gli altri, ma ha una coscienza e una funzionalità diretta sulle cose della vita che prima non c’era… non so se mi sono spiegato… è un dardo: attacca…
Come dicevi, alcuni testi di The Globe has Spun and we’re All Gone sono ispirati dai versi della poetessa milanese Tiziana Cera Rosco. Si trovano varie sue poesie sul web, in effetti, e piuttosto vicine al tuo immaginario passato e presente…
Ho conosciuto Tiziana quando scrivevo le canzoni… mi ha fatto leggere le sue poesie… le ho chiesto se potevo usarne qualcuna… bel risultato, mi pare.
‘A Promise’ è forse la canzone più lunga del vostro repertorio, finora. E’ un brano dilatato, con echi e feedback, e quello dei piatti della batteria sembra il suono di un serpente a sonagli, mentre il testo contrasta con la pacatezza dei toni. Inquietante… come è nato?
‘A Promise’ l’ho pensata su un riff che avevo in mente e un campo di battaglia che mi è esploso nel cervello mirando dall’alto la piana delle 5 Miglia in Abruzzo, e leggendo un testo di Tiziana. Un unico take, e si sente!
Vorrei chiederti di fare un bilancio in corso di questa avventura musicale di nome Songs for Ulan, in piedi da circa 7 anni. Quanto ti ha dato finora? Sei sereno rispetto ai riscontri? Uso un’espressione infelice: vi sentite una band di culto per pochi ma buoni?
Pochi e buoni… può darsi… SfU è una roba che non ci pesa ma si può toccare, 7 anni che non sento sulla groppa ma nella pancia. M’ha salvato la vita, non solo quella artistica, un po’ di tempo fa…
Songs for Ulan – “the globe has spun and we’re all gone” – 2011 by stoutmusic Autore: Fausto Turi
www.myspace.com/songsforulan