Mi ritrovo a scrivere queste righe nel corso di un uggioso sabato pomeriggio. Metto su il cd dei Seachange e l’inizio del album pare sposarsi maledettamente bene con l’atmosfera plumbea che mi circonda. Uno spleen malinconico-esistenzialista che si manifesta già nella seconda traccia “News From Nowhere”, raggiungendo il suo climax nelle successive “Glitterball” e “AvsCo 10”, dove l’insieme appare come una versione molto”british” degli Afghan Whigs. Andando avanti la tensione si stempera leggermente, allorquando il poderoso riff di “Sf” si affaccia sulla scena, facendo tornare alla mente certi Blur di qualche tempo fa. Alla lunga emerge, comunque, un songwriting impostato su di alternanza tra quiete e rumore, che nei momenti di maggior pathos trova nel violino di Johanna Woodnutt un efficace contrappunto. “Lay Of The Land” in definitiva, per essere un debutto, paga un pedaggio d’inesperienza tutto sommato modesto. Anzi, a pensarci bene, in questi primi mesi del 2004, dalle lande inglese dovevo ancora imbattermi in un disco altrettanto convincente. Mi auguro solo che nella marea di uscite discografiche albioniche e non, il sestetto di Nottingham non passi del tutto inosservato.
Autore: LucaMauro Assante