Richie non è il solo della famiglia Hawtin a essere DJ. I molti appassionati di musica Techno avranno sentito nominare gli Hardest, Spastik and Heaven and Hell parties di Detroit. In quelle occasioni Matthew Hawtin, fratello minore del noto Plastikman, proponeva un suo personalissimo set di ambient/electronica.
Stiamo parlando di un periodo racchiuso tra il 1993 e il 1996, lasso di tempo piuttosto favorevole all’elettronica, perfino per quella più sperimentale, tenendo in considerazione proprio che la fruizione e l’approfondimento quindici anni fa erano del tutto differenti, tant’è che il paradosso oggi appare nella successiva moltiplicazione di questi esperimenti che si sono concretati in un sempre più diffuso avvicendamento alle dance hall techno/house.
Tutto ciò prima dell’avvento nell’immaginario collettivo del termine “Chill Out”, che ha prima sostituito l’esperienza di cui sopra, e in fase di evoluzione ha inabissato i concetti primordiali. Matthew a proposito lascia intendere in una nota che proprio il decadere di quelle contingenze gli ha riportato invece vive le emozioni degli “early years” e, avendo fatto tesoro di quelle cognizioni, tenta con un’antologia di brani dell’epoca di trasmettere quell’eredità, a margine del fatto che varianti come questa finora descritta, oggi sono nettamente sparite.
”Once Again, Again”, edita dalla Plus 8, del fratellone Richie e di John Acquaviva, è una compilation di 29 brani per circa 75 minuti di musica ambient e con fuoriclasse del genere, si citano James Bernard, Sun Electric e i Porcupine Tree in rappresentanza, con buona parte del materiale proposto ripescato direttamente dal cassone argentato dei vinili.
Ci troviamo, dunque, davanti a una bella fotografia di una panorama degli anni novanta, dove l’ambient e la dance avevano certamente suoni assolutamente meno compressi dei lavori attuali. L’editing e il sampling audio passavano per la maggiore ancora dai campionatori. Aspettatevi dunque pesanti pad di tastiera, modulazioni, suoni in sequenza, marcati riverberi e profondi delay, ma soprattutto il suono spigoloso, plastico e sintetico dell’ambient da club anni novanta, perché di questo si tratta, con la differenza che seppellita la moda il tutto ha un suo vero sapore!
Autore: Luigi Ferrara