Un po’ di tempo fa, in un’intervista televisiva, Riccardo Bertoncelli sottolineava la “morte del rock”, invitando gli ascoltatori a distinguere i derivati dello stesso dagli altri tipi di musica leggera di attuale composizione, che un domani potrebbero acquistare dimensioni mastodontiche come quelli
che il rock ha avuto per 40 anni. Be’, io spero davvero che, a dispetto di tanti hip & trip-hop (pur dignitosi, per carità) e confluenze ritmico-rumoristiche da periti elettrotecnici, tra 40 anni si possa parlare di derivati dei LLG, anche se in fondo sarei molto, molto geloso.
I nostri tornano a quella Polosud che diede i natali all’insuperabile episodio di “13 Pequenos Bau Bau” e in più contribuiscono alla produzione, se pur sotto le spoglie dei Neapolitan Surfers, ormai vera e propria factory del circuito musicale “altro” la quale, nata come uno dei tanti membri della discendenza dei capostipiti LLG in un momento di (produttiva) dispersione di energie, ha finito col relegare questi ultimi ad un livello subprimario, data la varietà della figliolata: Giovanna Marmo (vedi Miss Marmo e i Nani Nudi), Lorenzo Scotto di Luzio, Hyde, Kendra, Malatheatre (leggi Ludovica Rambelli, che assieme alla Marmo collabora anche all’ultimo CD), gli stessi LLG, i Bappi (cugini di secondo grado), per finire con i Barillaz, finalisti a Recanati nel 2002, che altri non sono se non sempre Prota e la Jurdant.
Innanzitutto, addio al buon vecchio logo e non chiedetevi se Apokalypse vada scritto con la k o con la c, se con la e, con la a, o senza vocale finale: copertina, costa e booklet discordano in merito. La grafica riprende a grandi linee lo stile di “Wipiti Dance Dance”, con un’abbondante aggiunta di citazioni orrorifiche: “La Notte dei Morti Viventi”, “Il Pianeta delle Scimmie”, “Dracula”, e quant’altro cinefili più accorti potrebbero distinguere. Del resto, per farsi un’idea basta leggere i ringraziamenti a Bela Lugosi e ad Ed Wood, e sapere che uno dei titoli ventilati per l’album (benchè di quello definitivo si parlasse già 3 anni fa) fosse proprio, oltre a “La Bella e la Bestia”, “El Retuerno del Hombre Lobo”, omaggio palese all’omonimo film.
Noi ci accontentiamo di sorridere guardando Morticia e Gomez Addams nel fotomontaggio in cui campeggiano i volti di Francesco e Carin. Pochi altri gruppi riescono a differenziare così tanto un album dall’altro: i dischi dei LLG hanno ciascuno un’identità molto ben definita. Questo è un percorso scanzonato e ironico (è il caso dell’apocrifo ‘Zoo Be Zoo Be Zoo’: un mambo-lounge davvero da Capri di fine anni ’50) tra personaggi ingenuamente spaventosi, con stimoli solleticanti che arrivano direttamente dalle interpretazioni surreali di Tottolo Stefanelli (vedi la traccia fantasma in chiusura, ‘El Matador’, nonchè ‘Barbebleue et Genevieve’, quasi una parodia dell’aviontraveliana ‘Abbassando’).
Tutto è giocato insomma tra il non-sense, l’improbabile e soprattutto l’imprevedibile. E’ presente poi un’ennesima versione di ‘Le Petit Ballon’, che già conoscevamo in tutte le salse, anche in quella impareggiabile che in “Supermary-The Interview” andava sotto il titolo di ‘Doctor Zaruk’. Come allora, anche adesso il testo è cambiato e, in più, l’eloquente sottotitolo recita ‘Italian Western n. 2’: per chi non lo afferrasse al volo, esplicita citazione del sottotitolo di ‘In the Name of Talent’ dei Tuxedomoon di “Desire”. E dopo un’inattesa autocitazione di alcuni versi della vecchia ‘Les Martiens’, parafrasati nel brano ‘Voladores’, duole dover riconoscere una strizzata d’occhio – più volte negata – a Manu Chao: l’incipit di ‘Bouquet de Sangre’ non può fare a meno di riportare alla mente ‘La Despedida’ del fin troppo noto “Clandestino”.
Infine è da segnalare la presenza di due brani a firma Prota-Guido Caputi, vecchio componente e co-fondatore del progetto LLG nell’86: ‘L’Homme Ombre’, titolo già presente in “Ortodoxia” (opera prima del gruppo) ma differente, di sicuro, almeno nel testo; e ‘Le Lycanthrope’, che nulla ha a che vedere con l’omonimo brano di “13 Pequenos Bau Bau”. Interessanti gli arrangiamenti d’archi e di fiati, questi ultimi curati da Roy Paci, vecchia conoscenza, per i LLG, dai tempi della Viceversa Records.
Autore: Luca Irwin Fragale