Prendendo in prestito il titolo di un album del sommo poeta della musica italiana, Fabrizio De André, da venticinque anni i Cheap Wine viaggiano “in direzione ostinata e contraria” rispetto alla maggior parte di tutto quello che il rock, o presunto tale, produce in Italia dove il merito è troppo spesso soggiogato dalla vacuità dell’apparenza.
I loro bellissimi dischi sono lì a testimoniare che essere liberi e fieramente indipendenti, scrivendo musica e parole di alto spessore, seguendo con estremo rigore un credo indissolubile, alla fine paga sempre, se non in termini di fama e lauti guadagni quantomeno con l’amore incondizionato che riserva loro, chi ha saputo riconoscere un talento prezioso da coltivare e supportare in ogni occasione: che si tratti di aderire con entusiasmo al crowdfunding per sostenere l’uscita di un nuovo disco, oppure affollare i concerti dove la band dei fratelli Diamantini si esibisce.
A tre anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio “Faces” anche il nuovo disco “Yell” conferma che la migliore rock band italiana, continua ad essere il faro che conduce al porto sicuro di chi nella musica cerca sostanza, autenticità, spunti di riflessione, ma anche la gioia di cantare le canzoni a squarciagola, come suggerisce il titolo dell’album.
Anticipati dalla coloratissima copertina disegnata da Alessandro Baronciani i temi dell’album segnano un decisivo ritorno a guardare in positivo verso un futuro che non sembra certo radioso, ma in cui occorre riappropriarsi del proprio tempo e gestirlo a proprio uso e consumo.
Per fare questo Marco Diamantini continua a scrivere testi eccellenti che toccano ancora una volta uno dei suoi temi preferiti: quello del movimento, inteso non solo come andare da un luogo all’altro, magari in cerca di una via di fuga, ma soprattutto come segno distintivo di ribellione verso quell’omologazione cui la società di oggi cerca di spingerci.
Registrato come di consueto negli studi Alessandro Castriota a Marzocca (AN), “Yell” è ricco di sfumature sonore dove le chitarre di Michele Diamantini sono assolute protagoniste, senza essere mai invadenti perché non hanno bisogno di mettere in mostra l’ego di un virtuoso delle sei corde, e sono supportate a dovere dalla granitica sezione ritmica composta da Alan Giannini (batteria) e Andrea Giaro (basso), mentre le tastiere di Alessio Raffaelli fanno da contraltare evocativo in ogni brano.
Le dieci nuove canzoni che compongono “Yell” ripetono lo schema classico di ogni album dei Cheap Wine con il brano d’apertura “Greedy For Life” che rappresenta una dichiarazione d’intenti su quello che seguirà, ed un brano conclusivo più d’atmosfera che serve a smorzare la salvifica tensione di cui si nutre ogni buon disco rock. La differenza come al solito la fanno le canzoni che in questo caso rappresentano un altro tassello evolutivo nella carriera di un gruppo che non ha bisogno d’inventare o percorrere strade diverse dalla propria cifra stilistica, per continuare a suonare autenticamente diverse da quelle che le hanno precedute.
Ecco allora che il singolo “No Longer Slave” è un brano di grande impatto con il suo ritornello assolutamente irresistibile da beautiful loser, mentre la title track omaggia Bob Dylan nel testo, invitando l’ascoltatore a cercare una via di fuga tornando dare centralità alle proprie idee e ai propri desideri.
Come sempre le ballate mettono in evidenza non solo la bravura dei musicisti ma anche la qualità del songwriting. In “Your Fool’s Gold” il protagonista si rende conto dell’inganno in cui è caduto e parla alla sua anima invitandola a volare perché “La luce del sole è più potente di un buco nero” mentre le chitarre duellano con le tastiere in un crescendo di estrema efficacia. “The Scent Of A Flower” ha i toni più tenui e mette in risalto come il cantato di Marco Diamantini abbia raggiunto una maturità assoluta. “Floating” è uno dei vertici assoluti del disco e probabilmente una delle più belle canzoni dei Cheap Wine, parla di riscatto e di come dedicandosi al proprio tempo e valorizzandolo in ogni aspetto, serva per affrontare il futuro lasciandosi alle spalle i propri demoni, e guardando avanti verso una strada piena di luce. In mezzo a questi tre brani si trova “Sun Rays Is Magic” un brano pop rock nell’accezione migliore del termine che potrebbe spopolare nelle radio ce non fosse che siamo in Italia, dove il panorama radiofonico è purtroppo estremamente desolante. Il disco si chiude con un altro trittico di canzoni particolarmente riuscito.
Dopo le atmosfere di “Floating” irrompe con tutta la sua potenza “The Devil Is Me” che possiamo prevedere diventi ben presto un classico dei Cheap Wine, con la sua ritmica serrata, le tastiere avvolgenti e le chitarre che ruggiscono per sottolineare la storia raccontata dal protagonista che come sempre si trova inadeguato nel mondo che lo circonda ed incontra strani personaggi che voglio mettere in evidenza come l’indipendenza di pensiero ed azioni siano atteggiamenti perdenti, per questo loro lo vedono come il diavolo, oppure come un cigno che diventa corvo. “Colors” è una cavalcata elettrica con la sua visione della lotta tra il bene ed il male, dove c’è solo da scegliere, ma sempre un prezzo da pagare. “Yell” si chiude con “The Last Man On The Planet” ballata avvolgente costruita su di un ripetuto loop di chitarra acustica sui quale i musicisti ricamano ciascuno la propria parte in modo sa sembrare un mix di assoli ben amalgamati, con il duello tra la chitarra di Michele Diamantini e le tastiere di Alessio Raffaelli a creare atmosfere psichedeliche, mentre Andrea Giaro ricama delicate linee di basso e Alan Giannini lega il tutto con un delicato pattern di batteria.
“Yell”, quattordicesimo album dei Cheap Wine, conferma la solidità di un gruppo che continua il suo percorso artistico “in direzione ostinata e contraria” mantenendo fede all’idea che ha dato origine alla band nel lontano 1997: inseguire i propri sogni suonando la musica che si ama, incuranti delle mode che passano e non scendendo mai a compromessi solo per vendere qualche copia in più, perché come loro amano dire “Rock’n’Roll Is A State Of Mind”.
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autore: Eliseno Sposato