Orme imbrattate di rosso sangue. Piatti di gala, lame e coltelli. Lo sfavillante luccicare della polvere bianca, linea sottile e sola, il filo di scozia della moda acustica e la vecchia piccola ipocrisia. “I milanesi ammazzano il sabato”. O il venerdì. Come i napoletani. Analogie di copertina, come se i ferri affilati e violenti di “Gomorra” fossero finiti nello scenario noir delle storie nere metropolitane del capoluogo lombardo. E allora Palapartenope luogo del delitto, appuntamento al buio. Similitudini come investimento di capitali, esercizi privati di pubblici disagi. Le citazioni sono in fila, ordine sparso, atmosfere affilate sul corpo ormai rigido di morte inutile: requiem per la gioventù moderna, intrisa di catarro. Gli sputi del tempo che fu, con l’orologio che scorre più veloce di un fiume a strapiombo. Un fiume-tovaglia, sfondo per le quattordici ricette del nuovo disco, eseguito quasi per intero e sezionato dal vivo. Fiotti arteriosi e stragi anonime di virtualità. In fila per uno sulla scia del Duomo, sulla cima del Vesuvio, intima scenografia per arredo interni. Ancora quei coltelli. Strettamente personali. La mostra del fasullo, un giro in maschera sul palco centrale tra la gente, poi il sapore amaro del vino lanciato dalla platea, improvvisamente face to face. Quando una faccia di gomma non serve a proteggere i nervi e il cuore. Agnelli sbraita nel cuore del palco, disposto alla pubblica mercè. Un attimo e il vuoto. Solo inazione, elettrica e vibrante, aria che provoca inquietudini allacciate sul miele ormai antico. Ancora fresco. Vivida pelle splendida da ricucire ancora e ancora. Quello che resta è l’insoddisfazione del temporaneo specchio pop. La carriera è un bianco spazio da imbrattare con piccole personali nudità. La coerenza è in evoluzione, il dolore è costante. Poche parole per attorcigliare sulla noce callosa altri fili dolenti, lavatrici e orchi, sabati e strane cartoline dall’Europa. O dall’isola del tesoro. “togliti il buio amor, le mutandine..” Il gruppo Afterhours cambia e muta, ma la sostanza continua a delinearsi prepotente: vecchi e nuovi fiori, del male e del bene, Muse nuove e Marylin sottovuoto. Niente “amore sovversivo”, non per questa volta. Si affaccia anche Matrix dallo schermo che adrona il palco. Due bis, una cover dei Buffalo Springifield, fantasmi on the beach, Revolver, Velvet e Pixies. Nastri al contrario, citazioni e rimandi. C’è la spiaggia, i fantasmi il velluto e i folletti. Lascio tutto a domani. “Io non tremo”, un piccolo dolce coro. Un dispaccio da Bombay parla di Scerbanenco, prima di fluttuare di obliquo pop in direzione Berlino. La morsa è sincera, ancora. Nessun messia riluttante, nessun profeta. Rock’n roll. Dentro e fuori la televisione. Bye Bye Mentana. “Niente male per essere uno spettacolo”. Doppio bis, modalità off. “Ma il sabato è morto o no?”
Autore: Alfonso Tramontano Guerritore
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