Eh no, nonostante la data non è affatto uno scherzo: la Dave Matthews Band è veramente in Italia, per tre concerti di fila, di cui quello di mezzo è l’appuntamento del 1 aprile a Casalecchio di Reno, all’Unipol Arena.
Lontana dalle scene italiane da anni, tornata a fare album inedito nel 2018 dopo una pausa di ben sei anni, la band di Dave Matthews si presenta in formazione per metà classica e per metà nuova con l’immancabile Carter Beauford alla batteria, il neoentrato Jeff Coffin al sax, l’immancabile Stefan Lessard al basso, senza il violinista Boyd Tinsley, che ha temporaneamente abbandonato la band per uno scandalo legato ad accusa di molestie sessuali, ma con Rashawn Ross a sostituire il defunto Leroi Moore alla tromba e infine i tradizionali turnisti Peter Griesar alle tastiere e Tim Reynolds alla chitarra.
A tenere le fila di una band che si rinnova negli anni, anche per vicende tutt’altro che allegre, lui, Dave Matthews, l’anima vera del gruppo, anche se forse non il musicista di maggior talento. E’ davvero incredibile come una band fatta di turnisti, di gente che abbandona, che lascia, o che in un caso passa a miglior vita, riesce a rimanere non solo in vita, ma continuare a dare il meglio di sé sul palco. Merito di Dave e della sua capacità di scegliere dei musicisti letteralmente incredibili, primo fra tutti il vero altro membro storico, quello che c’è da sempre, e quello che dà un inconfondibile ritmo black sincopato alle canzoni dal vivo: Carter Beauford, vera star della serata, capace di ritmi incredibili, tempi stranissimi, e improvvisazioni intorno ai 4/4 da far impallidire anche i migliori professionisti della batteria e percussioni. Lo show è il suo, anche se su Jimi Thing tastiere e chitarra rubano la scena per buoni cinque minuti rincorrendosi e rimpallandosi con assoli pazzeschi, e anche se ovviamente Dave è sempre lì al centro, ad attirare il pubblico con la sua voce che non sbaglia un tono, a ballare e divertirsi, ma soprattutto a fare veramente il direttore d’orchestra con il suo assoluto carisma.
Per il concerto di Bologna, ovviamente diverso da quello di due giorni prima a Padova (è tipico per la band cambiare quasi la metà della scaletta a ogni concerto) Dave Matthews sceglie certamente di pubblicizzare l’ultimo disco, Come Tomorrow, uscito l’anno scorso, eseguendo 4 pezzi, poi premia il primo indimenticabile disco, Under the Table and Dreaming, da cui pescherà per altri 4 pezzi (Satellite, What Would You Say, Jimi Thing e Ants Marching) e per il resto fare una scelta democratica fra tutti gli altri album (11 in tutto) da cui sceglie per ciascuno non più di uno o due brani, trascurando solo il penultimo disco, Away from the World, del 2012.
Si comincia col nuovo That Girl is You, poi con un classicone, Grey Street, poi ancora un classico, What Woud You Say e un pezzo nuovo, Do You Remember. La band già suona meravigliosamente e con una potenza incredibile, ma si intuisce che si sta solo scaldando. Dave incita con “You, You, You” indicando il pubblico mentre canta Seven, seguita poi da Proudest Monkey, il primo pezzo lento della scaletta.
Arriva poi un pezzo osannato dal pubblico, giustamente: Satellite, seguito da un pezzo trascina-gente come Stand Up (for It). Dave alterna sapientemente i ritmi, i tempi, le velocità dei pezzi, incitando il pubblico con grinta e lasciandolo respirare sulle ballad, come per Time of the Season. Segue You Might Die Trying e un’altra nuova, Again and Again, poi Save Me e poi Can’t Stop sempre dall’ultimo disco, fino al momento di Jimi Thing, che contiene la prima lunghissima improvvisazione fusion di chitarra e tastiera.
Da quel momento è un delirio: arriva la cover di Steve Miller Band Fly like an Eagle con il suo pop suadente, una perla assoluta come Minarets con la sua aria arabeggiante, e gli effetti di luce travolgenti, e poi una The Space Between acustica da strappare le lacrime.
Ma poi è tempo di divertire di nuovo, quindi Funny the Way it Is, e infine il sontuoso finale con Ants Marching, che dura ben 10 minuti, e dove la band sembra dare il massimo.
Ma così non è perché nel bis presenta un classicone come Don’t Drink the Water, emozionante come mai, e la cover dell’eterno Dylan All Along the Watchtower, cavallo di battaglia di Dave Matthews dai tempi del primo EP Recently, suonata in ipertensione, con una potenza pazzesca, dentro la quale la band inserisce all’improvviso il medley con Stairway to Heaven, mandando in totale visibilio il pubblico.
Tutto sommato poche canzoni (21) ma suonate sempre per più di sei minuti almeno: probabilmente l’Unipol Arena non ha mai visto né sentito una musica così: dal vivo, la Dave Matthews Band è davvero l’unica erede della E-Street Band di Springsteen, per la potenza sonora, la capacità di tenersi l’un con l’altro durante assoli e cambi di ritmo, e l’affinità assoluta fra i suoi membri, pur mutevoli nel corso del tempo.
Dave ride, balla, si diverte, e con lui il pubblico estasiato: un concerto di Dave Matthews Band è davvero qualcosa di imperdibile, una delle poche occasioni ancora in giro per sentire rock, folk, jazz e fusion insieme, suonati con melodie da cori e da lacrime. Un’esperienza unica, un rito assoluto, che Dave e i suoi sono riusciti a rinnovare ancora una volta.
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autore: Francesco Postiglione