Nominato ai Golden Globe e in gara per l’Oscar nella categoria per il miglior film d’animazione, il film brilla per mancanza di inventiva e per il ricorso spudorato e – a tratti – fastidioso al product placement. Rivelandosi un inno all’era dei social e di internet, ricco di messaggi fuorvianti di Michela Aprea
Prendi un personaggio, simpatico, che ha avuto un buon successo, amato dal pubblico, e riproponilo, magari in chiave diversa, ma neanche troppo, ambientando la sua storia in un’epoca differente, in un futuro prossimo o ancora meglio, se nel contemporaneo. Prendilo e piazzaci, alla rinfusa, senza pensarci su troppo, un sacco di prodotti; fanne una macchina incassa introiti pubblicitari, una specie di AK47 del product placement e assicurati un incasso stellare (in Italia, € 10.554.562 in 4 settimane di programmazione su 281 schermi) e la nomination agli Annie Awards, gli Oscar dell’animazione. Insomma, fanne qualcosa di più e di diverso dal semplice sequel, rendilo memorabile!
È quello che magistralmente accade con “Ralph Spacca Internet- Ralph Spaccatutto 2”, il capitolo secondo dedicato al celebre personaggio dei videogames targato ‘80, stavolta di fronte ad una nuova minaccia: l’avvento di internet e cioè il pericolo della fine delle sale gioco e dei videogames, in particolare di quelli vintage come il suo.
Il secondo film dedicato all’antieroe di Felix Aggiustatutto (sempre per la regia di Rich Moore, stavolta insieme a Phil Johnston, che ha collaborato anche alla sceneggiatura) non si discosta troppo dal precedente: il nuovo che avanza minaccia la vita sempre uguale e rassicurante di Ralph e dei suoi simili e starà a lui – che ora però non è più temuto e isolato da tutti gli altri – rimettere le cose in ordine. Un paradosso a pensarci bene: proprio colui che nasce per scombinare, per distruggere e dare dinamismo all’azione, è costretto – e già per la seconda volta – a farsi paladino del ritorno alla normalità. Ma è la magia Disney, ça va sans dire.
È l’effetto mirabolante di chi, come un eterno Dorian Gray, – la casa fondata dal mitico Walt, ha compiuto lo scorso novembre novant’anni – , dietro il volto dolce e rassicurante delle sue creazioni, nasconde un tanto impalpabile quanto però presente lato più oscuro. “Mefitico”, pare definisse il celebre disegnatore Pasolini (citazione ripresa nell’articolo “Codice Paperino” a firma di Loredana Lipperini e apparso su La Repubblica il 28 febbraio 1995). Tutto il contrario di quello che, dicunt, pensasse l’immenso Sergej Michajlovič Ėjzenštejn che in uno scritto del 1941 ebbe a dire: «Disney è una meravigliosa ninna nanna per i sofferenti e gli sfortunati e gli oppressi».
Certo è che il disegnatore americano con la passione per l’urbanistica, aveva un fiuto da tycoon del capitalismo mettendo su una macchina macina incassi e succhia inserzioni pubblicitarie, immensa, tutt’ora fedele alla linea. Ma, l’operazione di product placement qui messa in campo, appare tanto spudorata quanto – a tratti – indigesta. Seppur, in salsa Disney.
Nominato ai Golden Globe e in gara per l’Oscar nella categoria come miglior film d’animazione, il film “Ralph spacca internet – Ralph Spaccatutto 2” pare nascesse con l’intento di dare vita a un film più maturo, in grado di parlare ai grandi ai piccini. Il riferimento era al fortunato Zootropolis. Il film realizzato, invece, brilla per mancanza di inventiva e per il ricorso spudorato e – talvolta – fastidioso all’inserimento di prodotti a scopo pubblicitario nella narrazione. Si rileva, così, una sorta di inno all’era dei social e di internet, ricco di messaggi fuorvianti.
In un baccanale animato da pop up, dark web, frodi su internet, cyberbullismo, violenza, aste online e profili social, l’universo di Internet è frullato – dalla premiata ditta Moore/Johnston – in una pozione suadente e invitante in cui tutto e il contrario di tutto vengono annientati in una sequela di messaggi disorientanti e in grado di fuorviare il più astuto degli adulti, figuriamoci poveri e ignari bambini, a maggior ragione se inoltrati, garantisce Disney, negli antri ora (apparentemente) a loro per nulla oscuri del world wide web. È la magia Disney, che copre di un’allure calda e rassicurante tutto ciò che tocca. Una grande ricchezza per una grande responsabilità.
E allora la parentesi sugli haters, poetica e importante, non risarcirà, l’esaltazione di game online che inneggiano alla violenza e a comportamenti antisociali à la GTA, o la continua passerella pubblicitaria (Google, Facebook, Ebay, l’impero delle Principesse Disney, tra gli altri) a cui il pubblico ha dovuto far fronte per guadagnarsi il biglietto acquistato.
Che il colosso abbia sondato il terreno prima di lanciarsi alla conquista della rete? Non sarebbe una novità. Dopo una fase finanziaria complessa, nel 2009, la major ha subito una pesante crisi, tanto da far dire a Robert Iger, tutt’ora amministratore delegato della Walt Disney Company, di trovarsi nel quadro economico “peggiore nella storia” del gruppo; nel corso dell’ultimo decennio la tycoon statunitense, proprio guidata da Iger, ha portato a segno una serie di operazioni (già nel 2006 aveva fatto sua la Pixar, per 7, 4 miliardi di dollari; nel 2009 si è aggiudicata la Marvel per 4,3 miliardi; nel 2012 Lucasfilm per 4 miliardi; nel 2017 la 21th century Fox per oltre 50 miliardi di dollari) che hanno aumentato a dismisura il potere della casa californiana facendone una sorta di monopolista dell‘entertainment. Dopo l’affondo su Netflix, sembra proprio che il colosso di Burbank voglia insidiare la reginetta dello streaming, nulla lascia escludere che il Topolino non sia irretito anche da Internet e che magari il suo prossimo obiettivo non sia quello di fare shopping nella Silycon Valley. Lo scopriremo vivendo.
Certo è che un processo è in corso, e che anche per la versione italiana, si è fatto ricorso per il doppiaggio a tre tra i più influenti youtuber e influencer in Italia: Favij, LaSabri e Salvatore Aranzulla.
LA VICENDA La vita scorre pacifica e amichevole all’interno della sala del signor Litwak, i personaggi dei vari arcade si ritrovano talvolta a fine serata a sorseggiare insieme e Ralph passa il suo tempo libero con Vanelope, diventata oramai la sua migliore amica. La diva di Sugar Rush, preferita per il suo glitch, capace di darle la scossa giusta a ogni corsa, è però annoiata: è troppo zuccheroso e accomodante il mondo in cui ogni giorno sprofonda lei che è una tipa dura, ha bisogna di novità, di percorsi e di piste diverse e che però, sa bene, potrebbero non arrivare mai. Chi aggiornerebbe un arcade degli anni ‘90? Intanto anche nella sala di Litwak approda una novità, si chiama internet ed è pericoloso, tanto da essere infinitamente seducente. Il caso vorrà che esso si riveli anche necessario, spingendo Ralph e la sua amica in un viaggio che sarà un percorso di maturazione personale per ciascuno dei due e che metterà non in discussione, ma alla prova la loro amicizia, rinsaldando legami profondi e indissolubili. Una nuova prova aspetterà Ralph e Vanelope, il primo mutandosi – ancora attraverso il rito della demolizione -, in costruttore del sogno della piccola eroina di Sugar Rush; la seconda elevandosi a reginetta Disney, pur non possedendone nessuna delle caratteristiche (dal bel canto, al physique du rôle) e spingendosi oltre, facendosi paladina del girl power e instradando Ariel, Bella, Cenerentola e tutte le paladine Disney alla comodità dello stare in tuta.
Due note: l’unica canzone originale è stata affidata nella versione italiana a Francesca Michielin e per il doppiaggio delle principesse, la Disney, ha chiamato per la versione statunitense tutte le doppiatrici originarie. Ne sono state raggiunte undici su quattordici, in un’operazione che ha messo insieme “golden” e “new age Disney“, rinsaldando le due anime della casa.